giovedì 15 luglio 2021

Recensione "Il lato nord del cuore" - Dolores Redondo


 TRAMA

È l'agosto del 2005, e Amaia Salazar è una giovane e brillante detective in forza alla Policía Foral della Navarra, quando raggiunge il quartier generale dell'Fbi a Quantico per partecipare a un seminario riservato agli ufficiali della Europol. Sotto la guida dell'agente speciale Aloisius Dupree, Amaia e colleghi studiano il caso di un serial killer con una perversa predilezione per le catastrofi naturali e la tendenza a inscenare rituali di una precisione liturgica. A sorpresa, Amaia si ritrova cooptata nella squadra investigativa diretta a New Orleans alla vigilia del peggior uragano della storia recente, con l'obiettivo di battere l'assassino sul tempo e sventare i suoi piani di morte. Ma una telefonata proveniente dal paesino di Elizondo, nella valle del Baztán, risveglia i fantasmi della sua infanzia, costringendola a fare i conti con i ricordi e con la paura. E ad affrontare ancora una volta "Il lato nord del cuore".

RECENSIONE

"Una notte di tanti anni fa fu la tempesta a salvarmi..."

Buon pomeriggio lettori e bentornati sul mio blog!
Oggi, approfittando dell'aria fresca post temporale, vi parlo di un libro terminato qualche giorno fa edito Dea Planeta Libri , che ho avuto il piacere di recuperare dalla pila degli arretrati e che stranamente, dato che sono entrata in blocco da qualche settimana, mi ha conquistata e spronata a riprendere finalmente tutte le altre letture in coda!
Quindi bando alle ciance e via!

Il lato nord del cuore di Dolores Redondo ha come protagonista la giovanissima Amaia Salazar, una detective della Policia Foral spagnola che viene coinvolta, dopo aver partecipato ad un seminario informativo riservato agli agenti dell'Europol a Quantico, nelle indagini riguardanti un serial killer particolarmente meticoloso che opera soprattutto in concomitanza con le più assurde e violente catastrofi naturali.

Descritta come una ragazza intuitiva e che potrebbe sembrare anche piuttosto saccente ed egocentrica, Amaia collaborerà con l'FBI per stanare il colpevole dei delitti che possiedono lo stesso modus operandi e che predilige famiglie numerose in cui si ritrovano madre, padre, tre figli e la nonna.
L'assassino sembra sempre essere un passo davanti alla polizia, ma Amaia non si lascerà spaventare dalla crudeltà efferata del killer, ed oltre al caso che vede come protagonista appunto Il compositore, come viene battezzato l'omicida, la ragazza dovrà fare i conti anche coi propri fantasmi che ritornano prepotenti da un passato oscuro.

Dunque, partendo dal presupposto che non leggo thriller da un bel pezzo, devo ammettere che questo libro mi chiamava a gran voce dagli scaffali della libreria già da molto tempo e il blocco che è giunto da ormai più di due settimane, non ha fatto altro che incoraggiarmi a mettere da parte tutte le altre letture per dedicarmi proprio a questa. 
Mai scelta è stata più azzeccata! E ora cercherò di spiegarvi brevemente il perché.

Partiamo dall'ambientazione.
Non è facile ricreare ambienti e luoghi sin nei minimi dettagli, ma la Redondo in questo libro ha fatto uno splendido lavoro, concentrandosi sulla situazione di New Orleans prima e dopo il passaggio del disastroso uragano Katrina che sicuramente tutti voi avrete già sentito nominare.
La suspense in questo caso viene regalata dal fatto che, mentre i nostri agenti sono sulle tracce del serial killer che stermina senza pietà una famiglia dietro l'altra, l'incombere dell'uragano e quindi l'urgenza di trovare al più presto una pista logica da seguire e delle prove concrete per incastrare l'omicida fanno sì che il lettore avverta quell'ansia, quell'allarme nella testa che scatta quando si sa che sta per succedere qualcosa di catartico e tutto l'organismo si mette sull'attenti pronto a ricevere il colpo, sprizzando adrenalina da tutti i pori!

Ecco, nella prima parte del libro abbiamo esattamente questa sensazione di fretta, di frenesia, che la scrittrice vuole trasmetterci per prepararci alla rivelazione del colpevole, che al contrario di ciò che potreste aspettarvi avviene proprio a metà lettura ( forse un po' prima), di conseguenza si sa chi è il colpevole e si vuole correre alla fine per vedere chi l'avrà vinta in questa caccia all'uomo.
Sebbene sia una lettura piuttosto altalenante, che alterna momenti di azione sul filo del rasoio e momenti di calma piatta, ho trovato che l'ambientazione sia uno dei punti forti dell'intero libro.
Esso viene infatti diviso sostanzialmente in due parti: il pre-uragano e il post-uragano, il tutto nella calda ed afosa città di New Orleans, colpita realmente in modo violento da Katrina nel 2005.
Partendo dal presupposto che cercavo da tempo un libro ambientato sapientemente proprio nella città di Louis Armstrong, devo ammettere che sono rimasta affascinata e sorpresa dal modo in cui l'autrice ha saputo descrivere la devastante potenza di Katrina sulla città, ma soprattutto il contesto in cui essa viene presentata, un contesto in cui esistono il razzismo, il degrado, la netta differenza tra ricchi e poveri, la realtà delle bande di quartiere ed ancora una solida superstizione legata alla religione su cui è sorta, ovvero il vudù.

"Chi è sopravvissuto oggi è diventato figlio della tempesta: nessuno ha il diritto di uccidere coloro che l'uragano ha risparmiato."

Essendo amante sfegatata dell'esoterismo e di tutte le pratiche ad esso associate, questa lettura, seppur in modo marginale, ha saputo soddisfare la mia fame di magia rituale legata alle tradizioni, al culto degli antenati, mescolando alla suspense anche l'elemento religioso ed occulto, inserendo riferimenti al vudù ed alle sue pratiche ancestrali, creando un mix perfetto tra ciò che l'essere umano percepisce coi propri sensi e ciò che invece gli sfugge, combinando razionalità ed irrazionalità.
Il vudu qui è visto come un culto estremamente radicato, crudo, primordiale, tipico di chi abita le paludi, i Bayou, e praticato solo da persone con una spiccata capacità di vedere oltre il velo e scorgere ciò che a molti potrebbe apparire invisibile.
Diversi sono quindi i riferimenti a questa religione arcana e tuttavia molto presenti anche diversi cenni al folklore basco e spagnolo e dei paesi esotici e tropicali che personalmente ho amato.

"Come diceva la buonanima di sua nonna, che di queste faccende era esperta, non bisogna credere che le streghe esistano, ma non si deve dire che non esistono."

Un altro punto a favore viene ricoperto dai personaggi stessi, delineati in modo che oserei definire lievemente torbido, oscuro, dato che non vengono evidenziati chissà quali pregi quanto una vasta gamma di difetti, meschinità, comportamenti alle volte riprovevoli e mentalità instabili: non vi ritroverete faccia a faccia con persone che potrebbero far parte della famiglia del Mulino Bianco, anzi.
A loro modo tutti i protagonisti della vicenda hanno degli scheletri bei massicci da nascondere e comprimere nei loro armadi e ricordi di cui farebbero volentieri a meno.

Amaia in primis, seguita dal detective Dupree che sarà a capo dell'operazione, ha un passato particolarmente turbolento, inquietante, che le è stato rovinato da chi invece avrebbe dovuto proteggerla ed amarla e che riaffiora sempre più spesso da quando il compositore ha iniziato a lasciarsi alle spalle una scia sempre più corposa di cadaveri.

La narrazione viene infatti gestita da punti di vista differenti, sempre in terza persona, e i fatti presenti vengono alternati al passato di Amaia, in modo che al lettore sia chiaro cosa le sia successo durante l'infanzia e quindi sia spiegato il motivo di alcune sue paure o comportamenti.

Non aspettatevi però il romanzo perfetto, perché a suo modo anche Il lato nord del cuore, almeno per me, ha i suoi difetti!
Difetti che potrebbero riassumersi con quattro parole: troppa carne al fuoco!
Eh sì, perché parallelamente alla storia del serial killer si snoda una faccenda irrisolta che riguarda proprio l'agente Dupree, capo dell'operazione, un fatto accaduto a quanto pare tempo addietro, che tratta di rapimenti di ragazze e traffici massicci di droga.
Quindi ci troviamo a gestire la faccenda del serial killer, traffici di droga nelle paludi di New Orleans collegati a rapimenti di ragazze e ad un criminale sconosciuto soprannominato Samedi, il passato di Amaia che torna come un boomerang...abbiamo altra carne da mettere al fuoco cara Redondo?
Diciamo che in queste quasi settecento pagine la mole di argomenti è davvero imponente e di alcuni concetti si poteva anche farne a meno, dato che sarebbe bastato parlare del compositore e del passato di Amaia visto che sono correlati, il resto a parere mio è servito solo per allungare un po' il brodo.

Superlativo l'uso di termini tecnici riguardanti il mondo della criminologia, del profiling e tutto ciò che concerne la calamità naturale che in questo caso è Katrina, nonché la capacità di far immedesimare il lettore in alcune scene, soprattutto le più cruente, attraverso aggettivi ricercati ed immagini a tratti disturbanti: per tutto il tempo mi è sembrato di stare in apnea nelle sporche acque delle paludi della Louisiana ad osservare dal basso, come ad uno schermo sbiadito, tutti i movimenti dei protagonisti.

Leggendo le opinioni su questa lettura che non si discostano molto dalle mie, ho appreso essere il prequel di una trilogia formidabile ambientata nel paese di origine di Amaia, quindi sono stra curiosa di recuperare gli altri solo per vedere come l'autrice abbia ambientato ed animato la storia nei paesi baschi, sperando di trovarci ancora più folklore e mistero!

Spero di avervi detto tutto ciò che questo libro mi ha trasmesso!
Sembra sempre così difficile parlare di qualcosa che ci è piaciuto che alle volte si perdono qualche parola e qualche concetto per strada!
Con l'augurio di avervi incuriosito, vi auguro un buon pomeriggio!

LA MIA VALUTAZIONE

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sabato 3 luglio 2021

Review Party "Sette minuti dopo la Mezzanotte" - Patrick Ness

 

TRAMA

Il mostro si presenta sette minuti dopo la mezzanotte. Proprio come fanno i mostri. Ma non è il mostro che Conor si aspettava. Il ragazzo si aspettava l'orribile incubo, quello che viene a trovarlo ogni notte da quando sua madre ha iniziato le cure mediche. Conor si aspettava l'entità fatta di tenebre, di vortici, di urla... No. Questo mostro è un po' diverso. È un albero. Antico e selvaggio. Antico come una storia perduta. Selvaggio come una storia indomabile. E vuole da Conor la cosa più pericolosa di tutte. La verità.

RECENSIONE

Buongiorno lettori e buon Sabato!
Oggi, come promesso, vi porto la recensione di un libro che è stato un po' la sorpresa dell'anno e molto probabilmente finirà tra le migliori letture dello stesso!
Ovviamente ringrazio Ylenia di Reines DesLivres e Oscarvault per avermi permesso di partecipare al Review Party leggendo in anteprima il file in digitale!

Ma che cos'è un sogno Conor O'Malley? disse il mostro, chinandosi finché il suo viso non fu vicino a quello del ragazzo. Chi può dire che non sia un sogno tutto il resto?

Prima di dirvi ciò che mi ha trasmesso questa lettura, vorrei fare però una doverosa premessa.
L'idea di fondo per la stesura di questo libro è stata gettata dalla scrittrice Siobhan Dowd, malata terminale, nei suoi ultimi giorni di vita, e mai portata a termine, di conseguenza Patrick Ness ha dovuto destreggiarsi nel portarla avanti senza tuttavia far trasparire lo stacco di stile in cui pensavo di imbattermi, prendendo le redini della vicenda e dando vita e vigore ad una storia struggente e tutt'altro che leggera, ma in chiave puramente fantasy.

Il tema preponderante del libro è senza dubbio la malattia vista dagli occhi di un ragazzino, in particolare la malattia di una persona a lui molto vicina, ovvero la madre.
Conor è evidentemente cresciuto troppo presto ed è costretto ad assistere al decadimento graduale della persona che l'ha messo al mondo, seguendo passo passo ogni stadio della malattia e vivendo nel costante terrore che da un momento all'altro la madre possa abbandonarlo.

Abbiamo quindi un Conor diviso tra la sua vita da adolescente, tra scuola, bulli ed una malinconica solitudine, ed un Conor che non riesce ad accettare la situazione di salute precaria della madre, che tenta di prendersene cura, ma che alla lunga rischia di venire risucchiato dal violento turbine di dolore e rimanerne devastato.
Interessante l'inserimento di temi molto attuali in un fantasy che non è solo per ragazzi, ma che si rivolge anche ad un pubblico più maturo, che afferra e snocciola argomenti delicati come appunto il bullismo, il senso di inadeguatezza, l'isolamento, il rapporto conflittuale con uno dei due genitori, la brama di non voler avere trattamenti di favore solo perché si sta passando una determinata situazione (in questo caso parlo di Conor), l'affronto della malattia e dello stadio successivo, il lutto.

Ed è proprio in questo momento che entra in gioco il mostro.
Arriva sempre sette minuti dopo la mezzanotte, puntuale come un orologio svizzero, e porta con sé la minaccia di un incubo, ma non è l'incubo che tormenta le notti di Conor.
Non c'è niente di peggio di quell'incubo, e nemmeno il mostro che si presenta con le sembianze di un albero antropomorfo è in grado di scalfire quella crosta dura che il ragazzo ha eretto attorno a sé a mo' di protezione.
Il mostro che si presenta come il dio cacciatore Herne giunge a Conor con tre storie, tre racconti che inizialmente non sembrano avere un filo logico e che anzi, mettono in risalto le ingiustizie subite dai più deboli, ma si sa, le storie vanno sempre analizzate da diversi punti di vista, e alle volte l'apparenza inganna.

Le storie sono fra tutte le cose più selvagge, tuonò il mostro. 
Le storie inseguono, predano e mordono.

Le storie sono creature selvagge e indomite, continuò il mostro. 
Quando le liberi, chi può sapere quali sconvolgimenti potranno compiere?

Le tre storie hanno però un prezzo.
E quando il mostro le avrà raccontate tutte, toccherà a Conor raccontare una storia al mostro.
E cosa avrà da narrare il ragazzo?
Cosa potrà mai raccontare ad un mostro che piano piano si farà spazio nella sua vita, mettendo radici profonde e trasformandolo dall'interno come la stessa malattia che sta trasformando sua madre?

Sette minuti dopo la mezzanotte è stata una bolla di sofferenza pazzesca.
Mi sono da subito calata nei panni di Conor, sia grazie allo stile di scrittura moderno, fluido e trasparente, che procede in modo magnetico e senza intoppi, sia perché purtroppo ho provato sulla mia pelle cosa voglia dire affrontare la malattia di una persona amata.
Le fasi di elaborazione della stessa sono estremamente delicate e complicate, e molti sono i sentimenti contrastanti che spingono per venir fuori e devastare, distruggere.
Conor in tutto questo mi ha ricordato un vulcano pieno di emozioni represse, tenute a bada come una diga che tiene a bada l'acqua, ma che inizia ad avere le prime crepe proprio con l'arrivo del mostro.
Il mostro ha infatti un ruolo fondamentale nella vicenda, dato che dalla sua comparsa in poi il ragazzo inizierà un percorso difficile di consapevolezza che prepara il terreno alla fase finale in cui culminerà la malattia della madre. Solo che ancora Conor non lo sa, o non vuole saperlo.

Una cosa sicuramente questo libro la insegna: la verità è uno dei mostri più cattivi che esistano.
Nella maggior parte delle volte la verità è qualcosa che ci balla di fronte agli occhi ma che noi non vogliamo osservare, che preferiamo scansare per paura di soffrire, ma che alla fine, quando abbassiamo le difese e siamo pronti ad accoglierla, ci investe come un treno ad alta velocità.

Mentirei se dicessi che non mi sono commossa leggendo questo libro, che nonostante la breve mole di poco più di duecento pagine, racchiude in sé la sofferenza enorme di un ragazzino che si trova a fronteggiare qualcosa di molto più grande, il grido di un dolore immenso, che non dovrebbe essere nemmeno concesso, che dovrebbe essere illegale. Nessuno merita di patire una sofferenza tale.

Non sempre le storie finiscono bene.

Ma alla fine, come un lampo a ciel sereno, ecco che la diga si frantuma, tutte le emozioni negative fuoriescono come lava bollente, e poi c'è la pace, l'assoluzione, la verità.
E Conor finalmente si rende conto che il mostro da cui è sempre scappato è proprio ciò che non avrebbe mai voluto affrontare: la verità.

La mente crede a bugie confortanti, mentre conosce le dolorose verità che rendono necessarie quelle bugie.
E la tua mente ti punisce per il fatto che credi contemporaneamente a entrambe le cose.

Una storia, questa, che scava dentro l'anima, che stringe il cuore, che lo stritola e che lo restituisce distrutto, ma nel contempo guarito. Una storia di verità e bugie, di dolore e rivalsa, di rabbia, la rabbia che sfocia nella disperazione, nella distruzione, di rinascita e di accettazione del proprio lato oscuro per poter tornare a vivere nella luce.
La storia di Conor è forse la storia di tanti altri, come la mia, o la vostra, la storia di persone normali, rielaborata in chiave fantasy, ma che cela un fondo di malinconia e laconica frustrazione dovute alla consapevolezza che nulla è eterno, che non sempre esiste il lieto fine, che esiste la malattia, e che dobbiamo andare avanti nonostante quella persona non sia più qui, perché forse è meglio così, perché è troppo egoista sperare che rimanga quando evidentemente è meglio che vada.
La verità a volte fa davvero troppo male, ma è necessaria.
Conor lo imparerà.


LA MIA VALUTAZIONE
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venerdì 2 luglio 2021

Tappa Blogtour "Sette minuti dopo la Mezzanotte" - Patrick Ness - Herne, il dio cacciatore

Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio caotico angolino di carta ed inchiostro!
Oggi un articolo un po' particolare, che precederà la recensione che invece uscirà domani sempre qui nel blog, tutto dedicato ad un "mostro" presente nel libro Sette minuti dopo la Mezzanotte di Patrick Ness, edito dalla Oscarvault e che ho potuto leggere in anteprima digitale grazie all'evento organizzato da Ylenia di Reine des Livres e dalla casa editrice stessa!

Il già citato mostro che si manifesta al protagonista della storia Conor, è più che altro un contorto insieme di rami nodosi e antiche cortecce, ovvero un albero gigantesco ed antropomorfo che durante la storia si presenterà come Herne, saggio ma temibile dio della foresta e della caccia.

Ho avuto tanti nomi quanti sono gli anni di cui è fatto il tempo! ruggì il mostro. Io sono Herne il cacciatore. Io sono Cernunnos. Io sono l'eterno Uomo verde.

Nel libro di Ness, questa divinità antica quanto il tempo viene rappresentata quindi nella sua sembianza di dio primordiale, istintivo e vagamento crudele ed intimidatorio, ma sarà anche colui che aprirà gli occhi a Conor, dandogli delle "lezioni" attraverso tre storie che sembrano non avere un senso specifico, che sembrano non essere collegate tra loro, ma che invece possiedono una forte morale, ovvero che alle volte il mostro peggiore da affrontare rimane semplicemente la verità.

Ma rimaniamo concentrati su Herne e sulle sue peculiarità che lo contraddistinguono come dio della natura, come una divinità legata alla terra ed al concetto di maschile, di dio fertile e prolifico, selvatico ed indomabile, un po' come lo è la natura stessa.
In questo libro viene raffigurato appunto come un enorme albero secolare dotato di braccia costituite da un complicato intrico di rami e nodi, una faccia selvaggia scolpita nel ruvido legno di corteccia, ed il robusto tronco a raffigurare un corpo maestoso e potente.

Sono la spina dorsale su cui si reggono le montagne! 
Sono le lacrime piante dai fiumi!
Sono i polmoni che soffiano il vento! 
Sono il lupo che sbrana il cervo, il falco che sgozza il topo, il ragno che mangia la mosca!
Sono il cervo, il topo e la mosca che vengono divorati!
Sono il serpente del mondo che morde la sua stessa coda!
Sono tutto quello che è indomito e indomabile!

La figura di Herne sbuca direttamente dal folklore inglese, dove secondo la leggenda sarebbe stato un comune mortale, ma il migliore dei cacciatori del re Riccardo II, che dava sfogo alle sue abilità venatorie soprattutto nella foresta di Windsor.
Un giorno Herne, durante una battuta di caccia, venne ferito gravemente da un cervo bianco, ma un mago del posto giunto in suo soccorso, riuscì a guarirlo posandogli il palco di corna dell'animale sulla testa, e facendogli promettere che avrebbe rinunciato alle sue fantastiche abilità di cacciatore. 
Herne ovviamente accettò e come se non bastasse, venne in seguito considerato dagli altri cacciatori del re un ladro e per questo allontanato dalla corte.
Il povero Herne venne così trovato impiccato ad una quercia della foresta e si narra che il suo fantasma, adornato da maestose corna di cervo, faccia la sua comparsa accompagnato da altre anime erranti e da una moltitudine di animali della foresta, dalle civette, ai meno comuni cani infernali.
Secondo la leggenda, le apparizioni di Herne annuncerebbero eventi infausti o grandi sfortune, ed ancora oggi è un segnale da non sottovalutare!

Alcune teorie, ad ogni modo, vorrebbero che Herne sia una delle antiche versioni inglese del dio celtico Cernunnos, il dio cornuto dal corpo mezzo umano e mezzo caprino, indentificato poi nel periodo della caccia alle streghe col diavolo stesso.

Cernunnos, la cui etimologia significa quasi sicuramente "cornuto", era il dio della natura celtico, sovrano di tutti gli animali, soprattutto quelli selvatici, re della foresta e dio dalla fertilità dirompente, virile e simbolo della forza e della vitalità maschile, rappresentato alle volte con un grande sacco da cui si diceva dispensasse fortuna e ricchezza.
Spesso associato al dio Pan, caotica divinità particolarmente dedita alle orge e a seminare discordia e disordine, durante la caccia alle streghe viene invece sovrapposto alla figura cristiana del diavolo tentatore, che seduce le donne, convertendole al male.

In ogni caso, comunque, questa figura viene identificata come individuo selvatico, schivo, poco propenso alla comunicazione razionale, più incline a mostrare la propria parte istintuale, sanguigna, passionale, e proprio per questo motivo nel paganesimo odierno viene spesso accostato alla figura della dea come la sua controparte maschile, che contribuisce, attraverso la sua poderosa fertilità, al corretto ciclo delle stagioni che si alternano nella ruota dell'anno pagana.

Tornando al libro di Patrick Ness, Herne viene raffigurato inizialmente come un mostro, un incubo, una minaccia, ma ci accorgeremo presto durante la lettura che il vero nemico non è lui, e che anzi, Conor anche se reticente, si renderà conto che il dio accorre in suo aiuto proprio nel momento in cui qualcosa dentro di lui rischia di spezzarsi, rendendolo distruttivo per sé e per gli altri.
Essendo un dio della natura assume molte sembianze, ma qui lo vedremo nei panni di un tasso antico, che possiede infinita saggezza e che sorge là dove Conor e la madre possano scorgerlo ogni giorno, ad ogni ora, donando loro un senso di inquietudine e di sicurezza nello stesso istante.

Intelligente e scaltro, ma burbero e selvatico, sarà per Conor una guida, una luce flebile da seguire nei momenti di buio totale, un ottimo insegnante di vita che salverà il ragazzo dalla vertigine del precipizio.