TRAMA
Eve Taggert non è estranea al lato oscuro della vita. E
sopravvissuta a una famiglia disastrata e a una madre dura e spietata che non
le ha certo insegnato la tenerezza, e adesso vive nella precarietà in una
piccola cittadina sperduta nei Monti Ozark. Nonostante questo, non ha mai fatto
mancare nulla a sua figlia di dodici anni, Junie. L'ha cresciuta da sola, a
dispetto di tutto, lottando ogni giorno per darle la vita che lei e il fratello
non sono mai riusciti ad avere. Comprensione, sostegno, amore. Finché, in una
mattina livida e fredda, Junie viene trovata nel parco giochi cittadino, stesa
accanto alla sua migliore amica. Abbandonate come bambole rotte, la gola
tagliata. Le ricerche della polizia finiscono presto in un vicolo cieco, ma Eve
non ha intenzione di rassegnarsi. Deve scoprire chi ha ucciso la figlia. La sua
ricerca di giustizia la trascina dai bassifondi della città fino alla
solitudine dei boschi. Ma più di tutto, la riporta alle lezioni di vita della
madre. Perché Eve avrà bisogno di tutta la crudeltà che le è stata insegnata
per scoprire la verità. La consuetudine del buio è una storia sul legame
indissolubile fra una madre e una figlia. E una storia di vendetta, è una
storia di coraggio. E di come, a volte, anche il più oscuro e terrificante dei
luoghi può darci il senso di protezione di una casa.
RECENSIONE
"Porgere l'altra guancia non è mai stato un principio valido per mia mamma. Il suo senso di giustizia era meno compassionevole, più stile Antico Testamento. Occhio per occhio. O magari anche una vita per un occhio. La gente sapeva che era meglio non darle fastidio, a meno di volere una rappresaglia peggiore del danno."
Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio angolino di carta ed inchiostro!
Oggi vi parlo brevemente di un libro che, data la mole di pagine esigua, circa duecento, ho apprezzato molto, anche se con delle riserve.
Sto parlando della nuova uscita di oggi targata HarperCollins che ho avuto il piacere di leggere in anteprima, ovvero un thriller dalle sfumature noir di Amy Engel, intitolato "La consuetudine del buio".
Il buio diverrà per la giovane Eve Taggert un luogo in cui potrà finalmente sentirsi al sicuro.
Quando sua figlia dodicenne Junie viene trovata morta sulla neve, con la gola tagliata ed il sangue cremisi che ne macchia il candore, Eve crede davvero di impazzire.
Sicuramente l'argomento che fa da padrone all'intero romanzo è senza dubbio il rapporto tra madre e figlia, sia esso colmo di amore, carezze e protezione, sia esso oscuro, torbido, pieno di botte ed umiliazioni.
Eve non ha più avuto contatti con sua madre da quando ha messo al mondo Junie, perché desidera essere diversa da colei che l'ha generata, desidera essere migliore, potersi permettere di non farle patire la fame e di non farle mai assaggiare il sapore dei suoi schiaffi.
Ma quando la bimba viene assassinata da mani sconosciute assieme alla sua migliore amica in modo efferato ed improvviso, Eve scoprirà che l'unico modo per uscire dal turbine di disperazione che la travolge e conoscere l'identità dell'omicida, sarà proprio riallacciare il rapporto con l'ultima persona con cui vorrebbe farlo, la versione peggiore di sé stessa, ovvero sua madre.
La morte di Junie porterà Eve sull'orlo dell'abisso e la discesa nel buio sarà inevitabile, nonostante l'appoggio continuo e premuroso di suo fratello Cal e di persone che mai avrebbe immaginato potessero rivelarsi d'aiuto, e così il suo passato tumultuoso tornerà a farle visita con prepotenza.
"Morirono durante un'anomala tormenta di neve in Aprile, con il sangue che colava su un manto bianco e irregolare."
La consuetudine del buio è un thriller che a parere mio rientra nel genere solo per alcuni aspetti, quali la presenza dell'assassinio, una buona dose di suspense e la ricerca disperata di dare un nome all'omicida, ma per tutto il resto si potrebbe tranquillamente inserire anche nel filone noir, data l'ambientazione cupa, alcune scene macabre e una buona dose di crudezza nelle parole e dei dialoghi.
Amy Engel ha dato vita ad un libro che non manca di colpi di scena e che nel contempo esplora da vicino il rapporto madre-figlia sia dal punto di vista di Eve, che ha sempre vissuto con il fratello e la madre in una roulotte ai margini dei boschi nel fosco panorama dei Monti Ozark, sia da quello della stessa Eve nei confronti della sua bambina.
Se infatti da una parte la donna ha avuto un'infanzia distrutta proprio da colei che l'ha messa al mondo, punteggiata di schiaffi, pugni e violenze psicologiche, dall'altra ha sempre cercato di essere una madre diversa dalla sua, con Junie.
Avendo passato quindi un'esistenza che l'ha portata a diventare una donna forte, a volte sfacciata, e sempre con la risposta sarcastica e tagliente sulla punta della lingua, una donna abituata al peggio che una vita può dare, Eve decide invece di dedicare ogni secondo del suo tempo a far vivere a Junie una vita lontana da abusi ed umiliazioni, in una bolla di affetto e protezione.
Ma qualcosa va storto. E Junie muore. Eve non trova più il motivo per essere una persona migliore, dato che l'unica cosa che la rendeva tale era proprio la sua piccola.
Eppure un meccanismo pericoloso scatta nella sua mente, e il bruciante desiderio di scoprire chi si nasconda dietro all'efferato delitto la porta a compiere azioni avventate che metteranno a repentaglio la sua stessa incolumità.
In questa lettura si esplora quindi un territorio particolarmente ostico: gli abusi in famiglia, le violenze, anche sessuali, subìte dalla protagonista, violenze che sembrano non avere una fine e a cui Eve sembra essere abituata in modo inquietante.
Su di lei incombe perennemente l'ombra della madre, una tossicodipendente alcolista senza peli sulla lingua, tosta, crudele, apparentemente senza cuore, che impartisce le lezioni ai propri figli a suon di botte e vessazioni. Solo lei può toccare i suoi figli. Chiunque si metta contro di loro, fa sempre una brutta fine.
L'autrice è riuscita in questo caso a descrivere molto bene il legame che esiste tra Eve e sua madre, un filo nero che unisce due persone attraverso il sangue, una presenza quasi ingombrante, palpabile, che diventa sempre più ricorrente nel corso della lettura, perché la protagonista sa benissimo che dovrà rievocare ciò che sua madre le ha insegnato per addentrarsi in territori pericolosi in cui potrebbe celarsi l'assassino di Junie.
Per rendere meglio l'idea di una persona che non ha mai avuto niente e che non teme niente, non più ormai, la scrittrice ha scelto di utilizzare un linguaggio piuttosto crudo e schietto, senza giri di parole, e lo stile incalzante di narrazione ci porta verso il finale in modo vertiginoso, quasi senza che ce ne rendiamo conto: dall'inizio alla fine, infatti, sarà difficile staccarsi dalle pagine del libro, grazie all'incedere fluido della storia e anche alla breve lunghezza dei capitoli.
Non ci si sofferma molto sulla descrizione fisica dei personaggi, ma ci si sofferma molto su quella caratteriale, in modo che essi entrino nelle nostre corde per darci uno scossone e farci provare le loro stesse emozioni, le loro stesse inquietudini. Ho apprezzato soprattutto un colpo di scena che mi ha lasciata a bocca aperta perché di fatto non me lo sarei mai aspettato, così come l'identità dell'omicida che non sono riuscita a cogliere prima di venirne a conoscenza.
Ma se da una parte la trama generale nel complesso mi è piaciuta, così come mi è piaciuta anche Eve, seppur alle volte non sono riuscita a comprendere le sue azioni sempre e comunque impulsive, dall'altra credo che alcune cose avrebbero potuto essere evitate, come per esempio alcune scene collegate all'ex fidanzato violento di Eve, Jimmy Ray, che ho trovato un po' fuori luogo e non indispensabili allo sviluppo della storia.
Tutto sommato, è una lettura che mi ha fatto pensare.
Perché posso solo immaginare, o forse nemmeno quello, cosa voglia dire per una mamma perdere il proprio figlio, eppure l'autrice è riuscita perfettamente a descrivere il lutto di Eve, il conseguente risveglio pregno di consapevolezza, e poi il senso di vendetta.
Di fatto Eve è una madre che non si rassegna alla morte della propria bambina e farà di tutto per scoprire chi l'ha ammazzata, perché altrimenti non troverà la pace, così come non la troverà Junie.
Questo è un libro che fa riflettere davvero tanto sul rapporto genitore-figlio, dato che molti di noi (fortunatamente) non sanno cosa vuol dire subìre giorno dopo giorno angherie e violenze fisiche da coloro che ci hanno messo al mondo e che dovrebbero proteggerci.
La violenza in famiglia è un tema delicato ma anche molto profondo, e la Engel ha saputo trattarlo in modo appropriato, senza tanti fronzoli e senza cadere nel banale e nello stereotipato: ha semplicemente raccontato di una figlia e di una madre, di un rapporto oscuro, buio, che nel tempo è divenuto consuetudine.
LA MIA VALUTAZIONE
🍂🍂🍂 , 5 \ 🍂🍂🍂🍂🍂