mercoledì 31 marzo 2021

Recensione "Rovina e ascesa" - Leigh Bardugo

TRAMA

L’Oscuro ha ormai esteso il suo dominio su Ravka grazie al suo esercito di creature mostruose. Per completare i suoi piani, gli manca solo avere nuovamente al suo fianco Alina, la sua Evocaluce. La giovane Grisha, anche se indebolita e costretta ad accettare la protezione dell’Apparat e di fanatici che la venerano come una Santa, non ha perso però le speranze: non tutto è perduto, sempre che un certo principe, sfacciato e fuorilegge, sia sopravvissuto, e che lei riesca a trovare la leggendaria creatura alata di Morozova, la chiave per liberare l’unico potere in grado di sconfiggere l’Oscuro e distruggere la Faglia. Per riuscirci, la potente Grisha dovrà tessere nuove alleanze e mettere da parte le vecchie rivalità. Nel farlo, verrà a conoscenza di alcuni segreti del passato dell’Oscuro che getteranno finalmente luce sulla natura del legame che li unisce e del potere che l’uomo esercita su di lei. Con una nuova guerra alle porte, Alina si avvia verso il compimento del proprio destino, consapevole che opporsi all’ondata di crescente oscurità che lambisce il suo paese potrebbe costarle proprio quel futuro per cui combatte da sempre.

RECENSIONE

"Non siamo noi tutte le cose?"

Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio caotico angolo di carta ed inchiostro!
Oggi sono qui a farvi compagnia con la recensione del terzo libro della trilogia di Tenebre e Ossa dedicata all'Evocaluce Alina Starkov, che ho potuto leggere in anteprima grazie a Mondadori e alla super Alessandra di Raggywords!

Ci siamo! Tutto finisce ed in questo caso posso dire che il finale di questa storia mi ha lasciata quasi del tutto soddisfatta!
La Bardugo come sempre mi ha strappato il cuore dal petto, l'ha calpestato senza pietà e poi me l'ha rimesso nella cassa toracica senza aggiustarlo, lasciandomi sì contenta, ma anche piuttosto malinconica.
Ovviamente questa sarà una recensione senza spoiler, dato che già la trama di per sé lo è per chi non ha letto i primi due, quindi prendete una tazza, riempitela con del buon tea bollente ed iniziamo!

"Chiusa nella sua cella, con solo lo sgocciolio dell'acqua e il lento battito del suo cuore a tenerle compagnia, la ragazza sapeva che le storie su Izumrud erano vere. Lei era stata inghiottita tutta intera e divorata e, nella riecheggiante pancia di alabastro della Cattedrale Bianca, rimaneva solo la Santa."

Chi ha già letto Assedio e Tempesta sa!
Siamo giunti ad un punto cruciale della vicenda, in cui Alina si ritrova distrutta e spezzata dopo il suo ultimo confronto con l'Oscuro, sottoterra assieme a quell'ambiguo essere che è l'Apparat ed anche piuttosto confusa riguardo ai suoi stessi compagni: fidarsi o no di questo o quello?
Nonostante l'inizio sia piuttosto lento e pacato, ho trovato che i personaggi siano cresciuti molto rispetto a come li avevamo lasciato nel libro precedente, come ricchi di nuova consapevolezza ed anche sotto certi aspetti rassegnati a ciò che potrebbe loro succedere in futuro: il regno di Ravka è preda del caos, diviso tra l'inquietante potere dell'affascinante Oscuro e le continue e scomode incursioni di coloro che si sono schierati dalla parte di quel gran bel pezzo di Nikolai Lantsov, il principe dalla lingua tagliente.

Ma se il principio potrebbe risultare vagamente "noioso", aspettate che i nostri amici ritornino in superficie per subire il corso degli eventi a mo' di schiaffone in faccia.
Dalla metà in poi, infatti, assistiamo ad una catastrofe di avvenimenti che ci lascerà piuttosto esterrefatti e nemmeno col tempo di reagire ad una certa massiccia dose di rivelazioni scioccanti: praticamente resterete con la bocca aperta per tutta la durata della storia fino alla fine e poi la capacità di rielaborare sarà pari a zero sappiatelo!
Ad ogni modo, parliamo un po' meglio dei personaggi, o meglio, dei personaggi che ho rivalutato e che non pensavo avessero potuto comportarsi in un modo che mi avrebbe permesso di apprezzarli.
Ovviamente sto parlando di Mal ed Alina, che, se nel primo e nel secondo libro sembrano non sapere dove andare, né cosa fare, né come comportarsi l'uno nei confronti dell'altro, qui invece finalmente si rivelano essere semplicemente due ragazzi innamorati che vogliono proteggersi a vicenda.
Troviamo infatti una maggiore concentrazione sulla loro storia d'amore che l'autrice ha voluto far spiccare sullo sfondo delle battaglie e delle strategie utilizzate nel corso della trama per sconfiggere l'Oscuro, mettendo da parte anche i vari flirt che Alina avrebbe potuto incoraggiare (non vi dico con chi ma chi ha letto sa!), ma che invece alla fine vengono completamente spazzati via dal suo affetto per l'amico di sempre.
Il fatto è che in questo volume finalmente avremo un Mal ed una Alina più maturi, più consapevoli e pronti a mettersi gioco per evitare che Ravka cada nelle mani sbagliate, ma soprattutto non saranno più soli, dato che assieme a loro troveremo anche altri Grisha che hanno deciso di schierarsi dalla loro parte per la giusta causa, come Zoya, che avrà più spazio nella storia, oppure Genya, sempre magnificamente descritta, che fa coppia con David, il Fabrikator più pallido ed introverso del regno, o ancora lo strambo Harshaw col suo gattone rosso, e molti altri ancora.
La Bardugo ha voluto rendere il legame tra di loro più forte e consolidato, soprattutto per via di tutti i brutti momenti che hanno passato insieme: le cose orrende li hanno legati perché si troveranno poi ad affrontare un male comune.
Parlando invece di Nikolai, beh, tutti sanno la passione smisurata che provo per questo personaggio, ma trovo che in questo libro sia stato in qualche modo "messo da parte" perché altrimenti avrebbe fatto passare tutti gli altri in secondo piano, data la sua personalità forte e fuori dal comune, tuttavia rimane una figura molto importante nel panorama generale, soprattutto nell'ultima parte dove un avvenimento che lo riguarderà molto da vicino gli farà cambiare alcuni punti di vista su molte situazioni.
A completare infine il tutto troviamo la figura dell'Oscuro, affascinante e tossica come non mai, che però ho apprezzato come sia stata resa umana ad un certo punto della storia, come a voler dimostrare che nonostante i suoi anni a pesargli sulle spalle, rimanga sempre e comunque un ragazzo comune con la voglia di cambiare il mondo, senza alcun ostacolo a fargli cambiare idea, e senza alcun ostacolo ad impedirgli di ottenere il potere con cui mettere in atto il suo piano.

Nonostante abbia trovato la presenza di alcune scene irrilevanti ai fini della trama e lo sviluppo di alcuni protagonisti altrettanto inutile, ho apprezzato come la Bardugo abbia descritto ogni singolo personaggio, ogni singolo luogo, poiché nonostante si colga una certa nota acerba rispetto alla duologia dei Corvi, essi non hanno difficoltà ad entrare nel cuore del lettore e a farcisi largo prepotentemente, rendendo facile quindi l'affetto che si proverà per tutti loro.
Preparatevi ad una lunga serie di decessi che mi hanno lasciata piuttosto amareggiata (fazzolettini a meeee) ed alla presenza di scene d'azione che nonostante siano accattivanti e ricche di suspense, rimangono piuttosto confusionarie e poco chiare (non si sa cosa stia accadendo e chi stia facendo cosa).

Nel complesso, ad ogni modo, il finale della storia, come già detto, mi ha lasciata felice e malinconica al tempo stesso, dato che l'autrice ha scelto di donarci una fine dolce-amara, in cui saremo soddisfatti, ma dove, in particolare un personaggio, ha dovuto rinunciare a qualcosa di molto importante come pegno per la "pace".
La trilogia di Tenebre e ossa quindi, ne vale davvero la pena?
Vi rispondo così: si vede che è una storia di qualche anno fa, magari anche con qualche cliché di mezzo e con uno stile narrativo acerbo e tipico di un esordio, ma i protagonisti, i luoghi e la magia che ne impregnano le pagine vi posso assicurare che vi entreranno dentro come poche volte.
La caratterizzazione di qualsiasi personaggio, anche secondario, vi aiuterà ad entrare a contatto con loro come se ce li aveste di fronte, e a capirli, a comprenderli, sia nel giusto che nel sbagliato, a viverli appieno, assorbendone tutte le emozioni.
Ravka vi sta aspettando!

LA MIA VALUTAZIONE 

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Ps. Non dimenticatevi di andare a curiosare anche nei blog delle mie compagne d'avventura!
Li trovate tutti nel banner qui sotto!
Che i Santi siano con voi!




giovedì 25 marzo 2021

Recensione "Il peso del sangue" - Laura McHugh

TRAMA

Le radici della famiglia Dane sono ancora saldamente piantate nella cittadina di Henbane, nell’altopiano d’Ozark, ma questo non impedisce alla sedicenne Lucy Dane di essere trattata come un’estranea. La gente mormora ancora di sua madre, una giovane e seducente forestiera la cui misteriosa sparizione ha dato vita a una serie di miti e leggende locali.

Quando una delle poche amiche di Lucy, Cheri, affetta da una forma di ritardo mentale, viene trovata morta, Lucy si sente perseguitata dalla scomparsa di quelle due ragazze perdute: la madre che non ha mai conosciuto e l’amica che non è stata in grado di proteggere.

Tutto cambia quando trova casualmente una collanina appartenuta a Cheri in una roulotte abbandonata e sente il bisogno di mettersi a caccia di risposte. Quel che scoprirà renderà impossibile ignorare i sospetti che ricadono sui suoi stessi consanguinei. In un posto in cui i legami di sangue contano più di ogni altra cosa, Lucy dovrà decidere da che parte stare.

RECENSIONE

"Cresci sentendo il peso del sangue, della famiglia. Non c'è modo di abbandonarla. Ma non puoi farci niente quando la famiglia ti abbandona o quando gli estranei diventano una famiglia."

A Henbane la famiglia Dane è una delle famiglie più famose ed influenti della città, ma si sa che ogni famiglia ha i suoi segreti, e i Dane non ne sono esenti, soprattutto i due fratelli Crete e Carl, eredi di un fardello troppo pesante ed oscuro per essere tenuto nascosto.
Ma andiamo per gradi!

Esce oggi per Nua Edizioni, che ringrazio per la copia digitale, il nuovo thriller psicologico di Laura McHugh intitolato "Il peso del sangue", un romanzo che ha tutte le carte in regola per diventare probabilmente uno dei migliori letti quest'anno!

Il titolo è la prima cosa che mi ha conquistata, così come la copertina, ma quando ho letto la trama ho capito che avrei dovuto armarmi di una buona dose di coraggio per affrontare questa lettura, dato che come tema centrale si tratta la famiglia, il rapporto di sangue, il senso di appartenenza ad un nucleo di persone legate a noi, che sia nella buona o nella cattiva sorte. Ecco, in questo caso, nel caso della famiglia Dane, scopriremo che dietro ad una coltre di brillante apparenza si nasconde il più losco e fosco dei misteri, se non una spietatezza efferata.

Lucy Dane è un'adolescente come tante, senza grilli per la testa, seria e diligente, anche se a volte particolarmente sfacciata e spregiudicata, ma dalla bellezza avvenente proprio come sua madre Lila, l'unica forestiera che sia mai riuscita a conquistare il cuore di Henbane, una cittadina ai piedi dei monti Ozark, famosa per il suo astio nei confronti degli estranei, come li chiamano gli abitanti, persone che si intromettono nella piccola e chiusa realtà locale con la pretesa di esservi accettati in modo istantaneo.

"Sembravano tutti confusi perché non venivano accolti con entusiasmo, ma ci vuole tempo qui per accogliere qualcuno."

Lila sarà proprio la causa della rottura di ogni equilibrio, e con lei l'arrivo della piccola Lucy, la sua bambina: la parvenza di pace che aleggia su Henbane, ma soprattutto sulla famiglia Dane, subirà delle crepe che non potranno essere riempite, né riparate, e allora sarà l'inizio della fine.

La storia si snoda secondo due punti di vista, quello di Lila, ambientato nel passato, esotica forestiera orfana di entrambi i genitori proveniente dall'Iowa che, in cerca di fortuna, trova lavoro presso il modesto negozio della famiglia Dane, decisa a riscostruire un po' alla volta la sua vita andata a pezzi, dove conoscerà i due fratelli, nonché proprietari, Crete e Carl, l'uno sfrontato, ironico ed estremamente affascinante, l'altro più moderato, dolce e pacato. L'altro punto di vista invece, che ci ricollega al presente, riguarda Lucy, la figlia di Lila, che vive nel ricordo della madre prematuramente scomparsa nonostante le incombenze della sua quotidianità da ragazzina di sedici anni.
Lucy non ha mai conosciuto sua madre, e ogni testimonianza di chi l'ha incontrata anni addietro e ogni oggetto, seppur di modesto valore, che appartengono a quella donna misteriosa, sono per la ragazza un appiglio sicuro a cui far riferimento per cercare di ricostruire ciò che ne ha provocato la sparizione.
Ma nel momento in cui anche Cheri, l'unica amica che Lucy abbia mai avuto nella vita, viene trovata morta, quel desiderio bruciante di conoscere cosa sia in realtà successo riaffiora prepotentemente nel petto della ragazzina, che, complice di uno strano ritrovamento in una roulotte abbandonata di una collanina appartenuta alla sua amica, si ritroverà a condurre da sola un'indagine che convergerà in modo inquietante proprio verso la sua stessa famiglia.

Sarà quindi il momento per Lucy di dubitare persino del suo stesso sangue, in un crescendo di momenti di suspense ed inquietudine ai limiti del cardiopalmo, dove la storia della ragazza si intreccia a quella di sua madre e dove ogni risposta tornerà come un pezzo del puzzle al proprio posto, lasciando poco all'immaginazione!

Sullo sfondo di un'ambientazione cupa e nebbiosa tipica dei monti Ozark, caratterizzata dalle acque fredde e torbide dei laghi, assisteremo allo svolgimento di una trama fitta di avvenimenti e storie, le storie di Lucy e Lila, ma anche di tutti coloro che le hanno incontrate e che avranno, anche se in minima parte, un ruolo che sia primario o secondario, nello sviluppo dell'intera vicenda.
La prima cosa che questa lettura mi ha trasmesso, a primo acchito, è stata un senso di omertà davvero disturbante, perché in questa piccola realtà che è Henbane, tutti, o la maggior parte, sanno ciò che succede nella famiglia Dane, e conoscono le colpe di cui si macchiano i vari componenti, tuttavia il timore che un giorno la crudeltà di tali azioni si riversi su di loro, fa sì che nessuno parli di ciò, e quando ovviamente qualcuno ne vuole far parola viene messo subito a tacere, e non in modo propriamente cristiano.

In secondo luogo, traspare chiaramente il concetto di famiglia nel senso stretto del termine.
Quando fai parte di una famiglia, sei pronto a buttarti sul fuoco per chi ami, a sacrificarti per il bene di un tuo fratello o una sorella o una madre ed un padre. Ci si copre le spalle, sempre e comunque.
E questo è ciò che i Dane utilizzano come un vero e proprio codice d'onore: prima di tutto viene la famiglia, poi arriva tutto il resto. Gli affari di famiglia devono rimanere all'interno di essa, una volta che si tradisce, si è fuori senza rimedio.
Il peso del sangue si riferisce proprio a questo: il fardello che ogni famiglia è costretta a portare senza che gli altri sappiano, perché come sappiamo ogni famiglia ha i suoi oscuri segreti che la comunità non conosce, che preferisce non conoscere e i Dane fanno proprio leva su questo.

Lucy si troverà quindi combattuta tra ciò che è giusto secondo i suoi princìpi morali e ciò che è giusto per la sua famiglia, che scoprirà non essere complementari proprio per niente; non mancheranno quindi i momenti di sospetto e di ambiguità tra lei e il suo stesso padre e suo zio Crete, gli stessi momenti che hanno scandito la vita di sua madre Lila prima di lei.

Questo thriller psicologico parla quindi della famiglia, ma non nel modo convenzionale che tutti noi conosciamo bensì nella maniera più torbida ed oscura, quella che nessuno preferirebbe mai portare a galla, fatta di segreti, menzogne e parole taciute, di crimini con cui ci si macchia le mani e che non si potranno mai più lavare via.
La scrittura di Laura è come una calamita, prende piede già dall'inizio e ci trasporta come un tornado nell'occhio del ciclone, dove azione e suspense si mescolano creando una storia sanguinosa fatta di silenzi, superstizioni, vendette, di ricerca della propria identità e di una famiglia, di voglia di appartenere a qualcosa di più grande, di voglia di scoprire la verità, nonostante essa possa far male.
Un libro che cattura e che consiglio vivamente a tutti gli amanti del genere, perché potrebbe diventare uno dei vostri preferiti!

LA MIA VALUTAZIONE

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giovedì 18 marzo 2021

Recensione "La consuetudine del buio" - Amy Engel

TRAMA

Eve Taggert non è estranea al lato oscuro della vita. E sopravvissuta a una famiglia disastrata e a una madre dura e spietata che non le ha certo insegnato la tenerezza, e adesso vive nella precarietà in una piccola cittadina sperduta nei Monti Ozark. Nonostante questo, non ha mai fatto mancare nulla a sua figlia di dodici anni, Junie. L'ha cresciuta da sola, a dispetto di tutto, lottando ogni giorno per darle la vita che lei e il fratello non sono mai riusciti ad avere. Comprensione, sostegno, amore. Finché, in una mattina livida e fredda, Junie viene trovata nel parco giochi cittadino, stesa accanto alla sua migliore amica. Abbandonate come bambole rotte, la gola tagliata. Le ricerche della polizia finiscono presto in un vicolo cieco, ma Eve non ha intenzione di rassegnarsi. Deve scoprire chi ha ucciso la figlia. La sua ricerca di giustizia la trascina dai bassifondi della città fino alla solitudine dei boschi. Ma più di tutto, la riporta alle lezioni di vita della madre. Perché Eve avrà bisogno di tutta la crudeltà che le è stata insegnata per scoprire la verità. La consuetudine del buio è una storia sul legame indissolubile fra una madre e una figlia. E una storia di vendetta, è una storia di coraggio. E di come, a volte, anche il più oscuro e terrificante dei luoghi può darci il senso di protezione di una casa.

RECENSIONE

"Porgere l'altra guancia non è mai stato un principio valido per mia mamma. Il suo senso di giustizia era meno compassionevole, più stile Antico Testamento. Occhio per occhio. O magari anche una vita per un occhio. La gente sapeva che era meglio non darle fastidio, a meno di volere una rappresaglia peggiore del danno."

Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio angolino di carta ed inchiostro!
Oggi vi parlo brevemente di un libro che, data la mole di pagine esigua, circa duecento, ho apprezzato molto, anche se con delle riserve.
Sto parlando della nuova uscita di oggi targata HarperCollins che ho avuto il piacere di leggere in anteprima, ovvero un thriller dalle sfumature noir di Amy Engel, intitolato "La consuetudine del buio".

Il buio diverrà per la giovane Eve Taggert un luogo in cui potrà finalmente sentirsi al sicuro.
Quando sua figlia dodicenne Junie viene trovata morta sulla neve, con la gola tagliata ed il sangue cremisi che ne macchia il candore, Eve crede davvero di impazzire.
Sicuramente l'argomento che fa da padrone all'intero romanzo è senza dubbio il rapporto tra madre e figlia, sia esso colmo di amore, carezze e protezione, sia esso oscuro, torbido, pieno di botte ed umiliazioni.
Eve non ha più avuto contatti con sua madre da quando ha messo al mondo Junie, perché desidera essere diversa da colei che l'ha generata, desidera essere migliore, potersi permettere di non farle patire la fame e di non farle mai assaggiare il sapore dei suoi schiaffi.
Ma quando la bimba viene assassinata da mani sconosciute assieme alla sua migliore amica in modo efferato ed improvviso, Eve scoprirà che l'unico modo per uscire dal turbine di disperazione che la travolge e conoscere l'identità dell'omicida, sarà proprio riallacciare il rapporto con l'ultima persona con cui vorrebbe farlo, la versione peggiore di sé stessa, ovvero sua madre.
La morte di Junie porterà Eve sull'orlo dell'abisso e la discesa nel buio sarà inevitabile, nonostante l'appoggio continuo e premuroso di suo fratello Cal e di persone che mai avrebbe immaginato potessero rivelarsi d'aiuto, e così il suo passato tumultuoso tornerà a farle visita con prepotenza.

"Morirono durante un'anomala tormenta di neve in Aprile, con il sangue che colava su un manto bianco e irregolare."

La consuetudine del buio è un thriller che a parere mio rientra nel genere solo per alcuni aspetti, quali la presenza dell'assassinio, una buona dose di suspense e la ricerca disperata di dare un nome all'omicida, ma per tutto il resto si potrebbe tranquillamente inserire anche nel filone noir, data l'ambientazione cupa, alcune scene macabre e una buona dose di crudezza nelle parole e dei dialoghi.
Amy Engel ha dato vita ad un libro che non manca di colpi di scena e che nel contempo esplora da vicino il rapporto madre-figlia sia dal punto di vista di Eve, che ha sempre vissuto con il fratello e la madre in una roulotte ai margini dei boschi nel fosco panorama dei Monti Ozark, sia da quello della stessa Eve nei confronti della sua bambina.
Se infatti da una parte la donna ha avuto un'infanzia distrutta proprio da colei che l'ha messa al mondo, punteggiata di schiaffi, pugni e violenze psicologiche, dall'altra ha sempre cercato di essere una madre diversa dalla sua, con Junie.
Avendo passato quindi un'esistenza che l'ha portata a diventare una donna forte, a volte sfacciata, e sempre con la risposta sarcastica e tagliente sulla punta della lingua, una donna abituata al peggio che una vita può dare, Eve decide invece di dedicare ogni secondo del suo tempo a far vivere a Junie una vita lontana da abusi ed umiliazioni, in una bolla di affetto e protezione.
Ma qualcosa va storto. E Junie muore. Eve non trova più il motivo per essere una persona migliore, dato che l'unica cosa che la rendeva tale era proprio la sua piccola.
Eppure un meccanismo pericoloso scatta nella sua mente, e il bruciante desiderio di scoprire chi si nasconda dietro all'efferato delitto la porta a compiere azioni avventate che metteranno a repentaglio la sua stessa incolumità.

In questa lettura si esplora quindi un territorio particolarmente ostico: gli abusi in famiglia, le violenze, anche sessuali, subìte dalla protagonista, violenze che sembrano non avere una fine e a cui Eve sembra essere abituata in modo inquietante.
Su di lei incombe perennemente l'ombra della madre, una tossicodipendente alcolista senza peli sulla  lingua, tosta, crudele, apparentemente senza cuore, che impartisce le lezioni ai propri figli a suon di botte e vessazioni. Solo lei può toccare i suoi figli. Chiunque si metta contro di loro, fa sempre una brutta fine.

L'autrice è riuscita in questo caso a descrivere molto bene il legame che esiste tra Eve e sua madre, un filo nero che unisce due persone attraverso il sangue, una presenza quasi ingombrante, palpabile, che diventa sempre più ricorrente nel corso della lettura, perché la protagonista sa benissimo che dovrà rievocare ciò che sua madre le ha insegnato per addentrarsi in territori pericolosi in cui potrebbe celarsi l'assassino di Junie.
Per rendere meglio l'idea di una persona che non ha mai avuto niente e che non teme niente, non più ormai, la scrittrice ha scelto di utilizzare un linguaggio piuttosto crudo e schietto, senza giri di parole, e lo stile incalzante di narrazione ci porta verso il finale in modo vertiginoso, quasi senza che ce ne rendiamo conto: dall'inizio alla fine, infatti, sarà difficile staccarsi dalle pagine del libro, grazie all'incedere fluido della storia e anche alla breve lunghezza dei capitoli.

Non ci si sofferma molto sulla descrizione fisica dei personaggi, ma ci si sofferma molto su quella caratteriale, in modo che essi entrino nelle nostre corde per darci uno scossone e farci provare le loro stesse emozioni, le loro stesse inquietudini. Ho apprezzato soprattutto un colpo di scena che mi ha lasciata a bocca aperta perché di fatto non me lo sarei mai aspettato, così come l'identità dell'omicida che non sono riuscita a cogliere prima di venirne a conoscenza.

Ma se da una parte la trama generale nel complesso mi è piaciuta, così come mi è piaciuta anche Eve, seppur alle volte non sono riuscita a comprendere le sue azioni sempre e comunque impulsive, dall'altra credo che alcune cose avrebbero potuto essere evitate, come per esempio alcune scene collegate all'ex fidanzato violento di Eve, Jimmy Ray, che ho trovato un po' fuori luogo e non indispensabili allo sviluppo della storia.
Tutto sommato, è una lettura che mi ha fatto pensare.
Perché posso solo immaginare, o forse nemmeno quello, cosa voglia dire per una mamma perdere il proprio figlio, eppure l'autrice è riuscita perfettamente a descrivere il lutto di Eve, il conseguente risveglio pregno di consapevolezza, e poi il senso di vendetta.
Di fatto Eve è una madre che non si rassegna alla morte della propria bambina e farà di tutto per scoprire chi l'ha ammazzata, perché altrimenti non troverà la pace, così come non la troverà Junie.

Questo è un libro che fa riflettere davvero tanto sul rapporto genitore-figlio, dato che molti di noi (fortunatamente) non sanno cosa vuol dire subìre giorno dopo giorno angherie e violenze fisiche da coloro che ci hanno messo al mondo e che dovrebbero proteggerci.
La violenza in famiglia è un tema delicato ma anche molto profondo, e la Engel ha saputo trattarlo in modo appropriato, senza tanti fronzoli e senza cadere nel banale e nello stereotipato: ha semplicemente raccontato di una figlia e di una madre, di un rapporto oscuro, buio, che nel tempo è divenuto consuetudine.

LA MIA VALUTAZIONE

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lunedì 15 marzo 2021

Recensione "La traccia del pescatore" - Roberta Castelli

 
TRAMA

Lo splendido e immaginario paese di Lachea fa da sfondo alle avventure del commissario Vanedda, un uomo controcorrente che ha deciso di sfidare pregiudizi e diffidenze e fare il poliziotto in Sicilia, nonostante la sua omosessualità. In questa prima indagine si trova a confrontarsi con un omicidio e con la quasi contemporanea scomparsa di una giovane ragazza. Tra intrighi, misteri e reticenze avrà modo di mostrare tutto il proprio intuito e le proprie capacità all’interno di un commissariato corale e vitale, ricco di personaggi che presto entreranno nel cuore del lettore.

RECENSIONE

Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio angolino di carta ed inchiostro!
Oggi vi porto nella splendida e soleggiata Sicilia in compagnia di uno dei personaggi più strambi, lunatici e schizzinosi che abbia mai incontrato nel corso di una lettura!
Sto parlando del commissario Vanedda, siciliano doc che esercita il suo mestiere a Lachea, un paesino in riva al mare, terra di agrumi profumati e cibo succulento ed abbondante. 
Ma Lachea non è solo cielo terso, profumi mediterranei e panorami mozzafiato e il commissario lo sa bene, sa bene che attorno a lui gli abitanti del posto fanno girare rapidamente le voci, e la sua omosessualità in un luogo dove governa ancora una mentalità ristretta non aiuta particolarmente.
Eppure, il giovane Vanedda, contro il giudizio di tutti, decide di rimanervi per lavorare come commissario nella caserma locale, sfidando la bigotteria generale, ma soprattutto la pesante opinione del padre, uomo severo e tutto d'un pezzo che non accetta il fatto che a suo figlio piacciano gli uomini, considerandolo un orientamento poco virile, a maggior ragione per il lavoro che fa.

Orfano di madre, al commissario è rimasta come unico riferimento solo la forte figura paterna, che nonostante tutto, ogni giorno, si reca a trovare per assicurarsi che l'età avanzata non gli faccia brutti scherzi, e Gerlando, il suo compagno, che a differenza sua mal sopporta le voci che girano sul loro conto e i graffiti omofobi che puntualmente ritrovano fuori dalla loro abitazione, segno di un odio radicato nei loro confronti nonostante cerchino di vivere la loro relazione in una parvenza di normalità.

E se da una parte Vanedda deve fare i conti con la reticenza di Gerlando, il principio di demenza senile del padre e la sua repulsione per qualsiasi cosa appartenga al mondo dei batteri e dei microbi, dall'altra deve indagare sul controverso caso di un assassinio avvenuto in un bed and breakfast e la scomparsa di una ragazza, che si scoprirà essere la figlia del proprietario del luogo in cui è avvenuto il delitto.

Sullo sfondo di una Sicilia sempre accarezzata dal sole e ricca di colori e tradizioni legati ai santi, troviamo un testo che scorre piuttosto velocemente, punteggiato di termini tipicamente siciliani che nonostante tutto sono comprensibili, evitando così il rischio di bloccarsi nel corso della lettura senza capirne il contesto; si nota perfettamente l'amore che lega l'autrice a quest' isola, poiché questo romanzo è scritto con l'affetto e la premura che solo una persona che c'è cresciuta può possedere, e la cosa riesce anche a far calare sin da subito il lettore nella storia.

"La Sicilia è come una picciridda indifesa; va curata con amore, soccorsa quando cade e aiutata a crescere sana. Ma, prima di tutto, ha bisogno di qualcuno che creda in lei con tutte le sue forze."

Roberta è riuscita in questo giallo a mescolare molto bene ironia e suspense, data la presenza di alcune scene bizzarre e velatamente paradossali, come ad esempio la vedova che festeggia la morte del marito di fronte al commissario e al suo assistente Vaccaro (che io ho trovato davvero divertente e per nulla fuori luogo nonostante il contesto tetro), che si accompagnano molto bene ai momenti clou delle indagini e degli interrogatori, e a quelli in cui il commissario Vanedda ci rende partecipi di alcuni sprazzi della propria vita quotidiana (scoprirete che è un amante sfegatato del cibo, ma soprattutto dei dolci!).

Oltre alle descrizioni molto dettagliate di ogni personaggio e una discreta caratterizzazione, vorrei concentrarmi per un attimo proprio su Vanedda, che non è il tipico eroe perfetto della storia, anzi, viene presentato come una persona scorbutica, schifiltosa e che si infastidisce con un nonnulla, una persona che commette errori, sia nel lavoro che nella vita privata, ma che ad ogni modo mantiene una certa integrità ed una buona dose di coerenza, una cosa che ho apprezzato davvero molto e che l'ha reso più umano rispetto a protagonisti di romanzi super intelligenti che non si fanno mai sfuggire nulla e che beccano il colpevole al primo colpo, risultando così poco credibili.

La cosa che secondo me spicca molto è il fatto che questo romanzo rimandi un po' allo stile di Camilleri che racconta le vicissitudini del commissario Montalbano, che si differenzia da Vanedda solo per il suo orientamento sessuale, ma che gli si presenta molto affine anche come carattere, così come molto simile è il modo in cui vengono presentati tutti gli altri personaggi, soprattutto la sua spalla, l'agente Vaccaro, un uomo descritto come goffo e distratto, ma devoto al proprio lavoro, e l'intera ambientazione nella terra siciliana.

L'unica cosa che avrei voluto vedere più approfondita è il rapporto tra il commissario e suo padre e tra il commissario e Gerlando, il suo compagno, perché credo siano stati trattati in modo un po' frettoloso, ma non mi resta che sperare in un seguito di questo romanzo, dato che probabilmente ce ne saranno altri dedicati a Vanedda, così da vedere questi aspetti sviluppati come dovrebbero essere!

Nel complesso, ad ogni modo, questa lettura mi ha fatto entrare nel cuore la solare Sicilia, coi suoi colori sgargianti e le sue spiagge meravigliose, ma anche il tenebroso Vanedda, di cui è impossibile non innamorarsi!

LA MIA VALUTAZIONE

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lunedì 8 marzo 2021

Recensione "Il bosco delle streghe" - Nicole Franzoni

 

TRAMA

Mary e Peter si sono conosciuti a scuola e sono diventati così inseparabili che molti li credono fidanzati; Peter non lo ammetterebbe mai, ma gongola quando qualcuno si riferisce a Mary come alla “sua ragazza”, perciò entra subito in allarme quando al campeggio di Bearside – dove Mary è ospite della sua famiglia – incontrano l’amico di infanzia James e tra i due sembra esserci attrazione. Tra passeggiate, gite in canoa sul lago e serate intorno al fuoco, la vacanza trascorrerebbe comunque in maniera spensierata, non fosse per quella inquietante figura vestita di nero che da qualche tempo tormenta i sogni di Mary, quel vecchio libro misterioso che Peter non perde mai d’occhio e il silenzio ostinato sui fatti che qualche anno prima avevano portato James e la sua famiglia a stare lontani da Bearside fino ad allora. Quando però il fratellino di Peter e un amichetto scompaiono nei boschi circostanti, i nodi vengono al pettine e i tre ragazzi devono affrontare una prova terribile che renderà indimenticabile quell’estate e li trasformerà per sempre.


RECENSIONE

"Un giorno lei tornerà e quando lo farà sarà per sempre."

Buongiorno lettori e bentornati o benvenuti nel mio angolo caotico di carta ed inchiostro!
Oggi è un pomeriggio perfetto ed anche abbastanza grigio per parlare di streghe e magia, e voglio farlo con il libro di Nicole Franzoni, intitolato "Il bosco delle streghe".
Come ormai ben sapete, i libri a tema streghe e stregoneria sono tutto ciò per cui vivo, meglio se conditi da una bella dose di componente dark e vagamente horror che ho anche trovato in questa gradevole lettura!
La storia di Peter e Mary si snoda tra una cittadina in cui non succede mai nulla, dove entrambi abitano e si sono conosciuti, e Bearside, un paesino che giace sulle rive di un lago cristallino che nasconde più misteri di quel che si pensa, dove si trova il campeggio in cui i due ragazzi decidono di trascorrere assieme le loro vacanze estive.

La vicenda inizia in modo pacato, tranquillo, illustrando spezzoni di vita quotidiana dei due ragazzi che si trovano alla prese coi loro primi sentimenti amorosi e con quel periodo controverso che è l'adolescenza, per poi prendere piede e svilupparsi dopo il loro arrivo al campeggio, dove le prime sfumature fantasy e lievemente dark (il bosco adiacente al campeggio che viene dipinto come un luogo in cui è meglio non perdersi, inquietante e sempre buio e tenebroso, che cela segreti ed esseri pericolosi) iniziano a fare capolino nelle vite dei nostri protagonisti.
I colpi di scena più rilevanti li troveremo principalmente verso la fine, dove la storia si dà una scrollata e parte in quinta, regalandoci momenti di suspense che si accavallano l'uno sull'altro per poi risolversi in un finale che personalmente ho trovato adatto e soddisfacente, in cui la minaccia viene dissipata, lasciando comunque degli strascichi non indifferenti sui nostri due ragazzi.

La caratterizzazione dei protagonisti è ben fatta, così come l'ambientazione, descritta sin nei minimi particolari e che ben ci fa raffigurare nella mente ciò che l'autrice vuole farci vedere e provare, anche se non nego che in alcuni momenti le emozioni non mi sono arrivate perché le ho trovate vagamente superficiali, non in grado di scalfire completamente la corazza del lettore, che in ogni caso, come è successo a me, non potrà fare a meno di affezionarsi a tutti i personaggi della storia, soprattutto James, un amico d'infanzia ritrovato di Peter che sarà il terzo lato del classico triangolo amoroso.
Se infatti Peter è un ragazzo timido, che non ama stare al centro dell'attenzione, amante della lettura e dei libri e soprattutto innamorato perso della sua migliore amica Mary, James è del tutto l'opposto, estremamente espansivo, dolce, tranquillo, sportivo e che non ha paura di mettersi in gioco quando si tratta di conquistare una ragazza.


"Sempre lentamente si mise a sfogliare le pagine che il tempo aveva ingiallito. A quel punto, Peter avvicinò il libro al viso e ne respirò l'odore. Adorava i libri antichi: quell'odore, come di anni trascorsi, di storie vissute, produceva in lui una sensazione di piacere inebriante."


Mary, dal canto suo, ancora non sa cosa si nasconde davvero nella storia delle sue origini, ed ignora completamente ciò che si cela tra i meandri del bosco, anche se appena arrivata a Bearside qualcosa di strano, incoraggiato da qualche inquietante leggenda del posto, le accende qualche campanello d'allarme che decide di ignorare per puro scetticismo, decidendo di godersi le vacanze in compagnia dei suoi amici.

Le voci che girano infatti su alcune lontane sparizioni di bambini proprio nel bosco, farebbero credere che in esso viva una strega spietata, vecchia di secoli, che si nutrirebbe della loro energia per rimanere giovane e bella in eterno.
Ed è qui che Nicole mi ha sorpresa, dato che ho amato davvero il modo astuto in cui ha saputo intrecciare la vicenda delle streghe di Salem e della loro caccia con la storia più moderna dei nostri tre protagonisti, che dovranno fare fondo a tutto il loro coraggio per affrontare qualcosa che non avrebbero mai immaginato e che presto li costringerà ad agire per proteggere ciò che a loro è più caro.

Si denota quindi una profonda conoscenza da parte dell'autrice verso il processo più sanguinoso ed aberrante della storia del Massachussets, in cui molte donne vennero impiccate con la colpa di praticare la stregoneria e di intrattenere relazioni sessuali col demonio, nel diciassettesimo secolo, nella città di Salem, così come si capisce quanto lei sia legata agli Stati Uniti che ama profondamente, soprattutto dalle descrizioni minuziose dei luoghi in cui la storia viene ambientata.

Il bosco delle streghe è una lettura che ci immerge in un'atmosfera dark fantasy dai tocchi horror, in cui il nemico non viene visto molto, ma nei momenti in cui compare, il luogo in cui abita (la classica capanna nel bosco) e il suo desiderio di vendetta e di rivalsa nei confronti di un passato crudele, mi hanno fatto tornare alla mente il film Disney Hocus Pocus, ambientato a Salem, in cui dopo l'esecuzione nel 1600, tre streghe tornano alla vita negli anni '90 a tormentare la città per rapire tutti i bambini ed ottenere così con la loro energia vitale l'esistenza eterna.
Io posso solo amare!

Ciò che invece non ho apprezzato particolarmente è la ripetitività di alcune situazioni nel corso della storia in cui effettivamente non succede granché, come ad esempio le giornate dei protagonisti scandite da passeggiate o nuotate nel lago che si ripetono nei giorni senza che accada qualcosa di rilevante per la trama; tuttavia nel complesso posso dire di aver apprezzato questa lettura e lo sviluppo dei vari protagonisti, che nel loro piccolo, dopo aver vissuto l'irreparabile, ne escono cambiati e più consapevoli di prima.

LA MIA VALUTAZIONE

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giovedì 4 marzo 2021

Recensione "Come la luna e le stelle" - Giulia Calligola

 

TRAMA 

"Un giorno gli Dei pregheranno gli umani di pregarli, e allora tu sarai Dea e io schiavo".

Questa la profezia del Dio Anubi, sussurrata nelle orecchie dell'atea Caterina, durante la sua breve permanenza nel tempio di Luxor. Una profezia che, da principio, la ragazza non comprende appieno. Le serviranno tutta la sua vita, tutto il suo scetticismo e tutti i suoi battiti del cuore per svelarne il significato.

"Come la Luna e le Stelle" è una novella spin-off che affronta le tematiche del poliamore, dello scorrere del tempo e della pesantezza dell'anima. Si ricollega agli eventi del romanzo principale, "Il Giudizio di Persefone".

RECENSIONE

"Questo è il nostro ruolo nell'universo, va bene così. 
Ma visto che soffriamo entrambi la solitudine, abbiamo altri partner. Io ho le mie concubine, lei ha i suoi concubini. E' un buon equilibrio, che voi umani lo capiate o meno non m'importa granché."


Buonasera lettori e benvenuti o bentornati nel mio angolino caotico di carta ed inchiostro!
Col favore delle quasi-tenebre serali, colgo l'occasione per parlarvi di una delle ultime letture che ho terminato e che mi ha lasciata col cuore colmo di una nostalgia ed una malinconia ineguagliabili!
E voi direte: "Ma Chiara! Che ti succede? Da quando leggi fantasy - romance? DA QUANDO LEGGI ROMANCE?".
Da quando Giulia mi ha fatto conoscere il mondo di Ade e Persefone, in un modo delicato e tenero, certo, punteggiato di qualche momento piccante qui e là che comunque non risulta mai volgare e fuori luogo, ho capito che le sue storie, nonostante appartengano ad un genere che non leggo e che cerco anche di evitare come la peste se vogliamo dirla tutta, mi hanno conquistata e mi conquisteranno sempre perché escono dal romance puro e si tingono di sfumature fantasy e paranormali che io adoro tanto.

Come la luna e le stelle è uno spin off del libro principale che vi ho citato sopra, e narra le vicende di Caterina, atea convinta ed irremovibile, che si troverà ad affrontare non senza dubbi l'amore particolare che la lega al dio egizio dei morti, Anubi, una personalità ironica, con uno spiccato senso dell'umorismo, ma nel contempo una divinità che assolve in modo impeccabile ai propri doveri, dividendosi tra di essi e tra l'amore smisurato e vagamente struggente per le sue innumerevoli concubine.

"Le amo come la luna ama le stelle.
Per quante siano, brillano tutte e no, non saprei dirti quale sia la più luminosa."


Il poliamore quindi è uno dei temi ricorrenti e più presenti nel corso della trama, e viene esposto in totale normalità, senza nessun tipo di discriminazione, senza nessun tipo di giudizio: Anubi ha molte concubine. A loro va bene così, a lui va bene così.
L'amore che lega il dio alle sue amanti non è univoco e certamente Caterina capirà, ed impiegherà parecchio a comprendere, che non esiste rivalità tra di loro, poiché le concubine di Anubi si amano  anche tra di loro in una sorta di rapporto amoroso profondo ed estremamente fedele nonostante coinvolga più individui, e sono pronte ad accogliere la ragazza come fosse una di loro, senza nessun genere di gelosia od invidia: Anubi ama tutte allo stesso modo e il suo amore è davvero ricco ed immenso.

Altro tema preponderante è quello della morte e della paura della morte, nonché di ciò che ci aspetta nel momento in cui essa viene a prenderci.
Caterina è una persona apparentemente solare, dalla mentalità piuttosto aperta e priva di barriere, ma dietro alla maschera che ostenta sicurezza e forza, troviamo una Caterina più fragile, insicura e sempre in bilico tra ciò in cui crede, ciò che risulta tangibile ed esistente, e ciò che invece non riesce a spiegarsi in modo razionale.
Essendo Anubi una divinità dotata di profonda intelligenza, saggezza ed altri poteri che rientrano tra i suoi misteri, lui sa perfettamente quanti battiti del cuore rimangono ad una persona, di conseguenza sa perfettamente quanti ne restano a Caterina (e quindi sa come e quando lei mancherà) e tenterà in tutti i modi di convincerla a fare qualcosa che nella sua vita lei non ha mai fatto, ovvero a credere, a credere in lui.
Ma la ragazza, testarda ed orgogliosa com'è, cadrà ai piedi del dio, pregandolo come un bravo suddito o preferirà rimanere ferma nelle proprie convinzioni al costo di dover essere "sorteggiata" tra i vari pantheon al momento della sua dipartita?

"Il tempo e il Destino sono dei traditori, gattina, non sai quanto" , si espresse, misterioso, sussurrandole all'orecchio, "lo sguardo degli Dei spazia in eventi al di là della storia.
Vorrei poter dire che ho imparato ad adattare le mie scelte di conseguenza, ma non è così."


Avete presente quelle storie che vi fanno piangere anche quando ci pensate dopo qualche giorno?
Quelle storie fatte di amori profondi, immensi, così forti e brucianti da essere destinati a consumarsi come la fiamma di una candela, lentamente ed inesorabilmente?
La storia di Caterina ed Anubi mi ha fatta commuovere, ma le lacrime non si sono limitate a rimanere negli occhi, anzi, sono scese copiose a bagnare lo schermo del Kindle, in barba ad ogni cosa.
Sarà perché Giulia ha saputo dipingere Anubi come un dio premuroso, protettivo ed estremamente legato alle sue concubine, tanto da considerarle tutte allo stesso livello. 
Sarà perché Caterina è una ragazza che ha bisogno di essere rassicurata e coccolata, un po' come tutti noi, che poi diventa donna, ma che mantiene nel tempo le stesse idee, che si divide tra l'amore per Anubi e quello per le altre amanti, che ha paura di morire, che nonostante sia una semplice mortale assapora per qualche istante l'affetto di una creatura immortale, che ricorda, che ama e che soffre quanto lei, solo col peso dell'eternità sulle proprie spalle.
Sarà perché sono sempre stata terribilmente sensibile alle tematiche che trattano della morte e dell'eternità, dell'amore oltre la morte, quello trascendentale, che va oltre il piano fisico, che va oltre ogni limite umanamente immaginabile.
Giulia ha saputo creare una storia dolce come il miele ma mai sdolcinata, tenera ma nel contempo forte e nostalgica, sulla cornice di un Egitto torrido e sensuale, che attrae come una calamita e che fa anche tanta paura, terra di Dei giusti ed irremovibili nelle loro scelte, terra di tradizioni e superstizioni, terra a cui la morte è sacra.
E nel caso in cui vi chiediate per quale motivo dovreste leggere questa novella che risulta talmente scorrevole da risultare una lettura piuttosto breve, allora vi dico: leggetela perché vi entrerà dentro!
Queste non sono storie che si scordano facilmente. Non sono storie vuote che lasciano il tempo che trovano. C'è molto da imparare qui dentro. Sulla vita. Sulla morte. Sul destino e sulla fede, di qualunque tipo essa sia. Ma soprattutto c'è molto da imparare sull'amore, in tutte le sue molteplici sfaccettature.
Ecco perché vi posso assicurare che secondo me questo non è solo un romance.
C'è la storia romantica, certo, c'è l'erotismo, ovvio.
Ma c'è così tanto di più, che alla fine volterete l'ultima pagina col respiro mozzato, gli occhi pieni di lacrime e il cuore colmo di una nuova consapevolezza. La consapevolezza che al proprio destino non si può sfuggire e che di fronte agli occhi della morte siamo tutti quanti uguali.


LA MIA VALUTAZIONE

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