domenica 30 agosto 2020

Recensione " La bambina e il nazista" - Scilla Bonfiglioli e Franco Forte

 

TRAMA

Germania, 1943. Hans Heigel, ufficiale di complemento delle SS nella piccola cittadina di Osnabrück, non comprende né condivide l'aggressività con cui il suo Paese si è rialzato dalla Prima guerra mondiale; eppure, il timore di ritorsioni sulla propria famiglia e la vita nel piccolo centro, lontana dagli orrori del fronte e dei campi di concentramento, l'hanno convinto a tenere per sé i suoi pensieri, sospingendolo verso una silenziosa convivenza anche con le politiche più aberranti del Reich. Più importante è occuparsi della moglie Ingrid e, soprattutto, dell'amatissima figlia Hanne. Fino a che punto un essere umano può, però, mettere da parte i propri valori per un grigio quieto vivere? Hans lo scopre quando la più terribile delle tragedie che possono capitare a un padre si abbatte su di lui, e contemporaneamente scopre di essere stato destinato al campo di sterminio di Sobibór. Chiudere gli occhi di fronte ai peccati terribili di cui la Germania si sta macchiando diventa d'un tratto impossibile... soprattutto quando tra i prigionieri destinati alle camere a gas incontra Leah, una bambina ebrea che somiglia come una goccia d'acqua a sua figlia Hanne. Fino a che punto un essere umano può spingersi pur di proteggere chi gli sta a cuore? Giorno dopo giorno, Hans si ritrova a escogitare sempre nuovi stratagemmi pur di strappare una prigioniera a un destino già segnato, ingannando i suoi commilitoni, prendendo decisioni terribili, destinate a perseguitarlo per sempre, rischiando la sua stessa vita... Tutto, pur di non perdere un'altra volta ciò che di più caro ha al mondo. Ispirandosi a fatti drammatici quanto reali, Franco Forte e Scilla Bonfiglioli ci trasportano nelle tenebre profondissime di una pagina di Storia che non si può e non si deve dimenticare – soprattutto oggi – mostrando però che persino nella notte più nera possono accendersi luci di speranza, a patto di vincere le nostre ipocrisie e lasciarci guidare dall'unica che ci accomuna tutti: la nostra umanità.

RECENSIONE

"Io l'ho fatta, la Grande Guerra" disse l'hauptmann Franz Meyer. "E ho visto cadere la Germania già una volta. Ho sentito la speranza di una rinascita quando si parlava di Sangue e Terra. Quando si diceva che saremmo risorti nella ricchezza dei nostri campi e della natura selvaggia, nella purezza dei nostri sogni e del nostro sangue che fa di noi la razza più forte, degna di guidare le altre." S'interruppe per un istante, fissando nel vuoto, poi scosse la testa. "Tutto questo, Hans, non ha niente a che vedere con i sogni. Quello che succede in quei lager ha a che vedere solo con gli incubi."


Ho provato più volte a trovare le parole per potervi parlare di questo libro. Ho pensato molto ai termini da utilizzare per poter scrivere una recensione d'impatto. I termini giusti, quelli incisivi, ma la verità è che dopo aver voltato l'ultima pagina di questa lettura, le parole mi sono rimaste bloccate in gola, assieme alle lacrime e all'amarezza, sensazioni che mai avrei creduto di poter provare leggendo delle semplici frasi nero su bianco.

Non voglio limitarmi ad esporre la trama, quella la potete trovare ovunque, ma vorrei piuttosto soffermarmi sugli aspetti che mi hanno colpita di più di questo libro, oserei dire più di un pugno allo stomaco, e raccontarvi un pò che cosa questa lettura mi abbia trasmesso.

Vorrei fare una piccola introduzione allo stile di scrittura, seppur breve, giusto per specificare che è uno stile incalzante che si tinge di poesia, uno stile semplice ma che si lascia divorare riga dopo riga grazie anche ai capitoli brevi dai quali è quasi impossibile staccarsi, come se gli autori avessero voluto trasmettere il senso di urgenza e di priorità che lo stesso romanzo trasmette, la sensazione di non avere più tempo, di stare gareggiando contro le spietate lancette di un orologio che non si vuole fermare.

La crudeltà e l'evidenza di azioni che tolgono la dignità ad un essere umano per poi non restituirgliela mai più, vengono descritte in modo quasi anacronistico in confronto a ciò che celano veramente, con una vena vagamente poetica che lascia immaginare al lettore ciò che il protagonista prova fin nelle viscere ed in modo meno dettagliato, ma non meno profondo, ciò che migliaia di persone hanno sicuramente provato nel momento in cui si sono trovate ad affrontare una fine tanto orrenda quanto inevitabile.


"A differenza di Osnabrück, a Berlino la guerra si sentiva.

Serpeggiava grigia in mezzo alle strade e camminava su per le mura dei palazzi, aveva l'odore acre della polvere da sparo e della paura della gente. Hans ebbe l'impressione che, se avesse allungato la mano verso il davanzale di una finestra per farci scorrere le dita, avrebbe ritirato il guanto pieno di cenere. 

Non poteva essere così, naturalmente, ma il suo cuore registrò una città ricoperta di polvere nera, opprimente."


In una storia troviamo sempre un buono e un cattivo.
Hans Heigel è un nazista, un uomo che non ha coscienza di cosa la sua patria, la Germania del Führer, stia tramando all'insaputa di molte persone. O almeno, non ha piena coscienza di cosa stia succedendo, ma sa benissimo che migliaia di persone vengono mandate in massa a morire in campi di sterminio mascherati da semplici campi di detenzione. Hans è come lo apostrofano divertiti gli altri ufficiali un "passacarte", uno che è sempre stato protetto dalle mura del presidio in cui lavora tutto il giorno circondato da scartoffie e da numeri: i numeri della gente che viene portata a morire in modo atroce.
Nella cittadina in cui vive con la moglie e l'adorata figlia, Hanne, non può immaginare ciò che il destino ha in serbo per lui, ma lo scoprirà molto presto, nella maniera più dolorosa e straziante.
In pochi istanti la vita del tenente viene sconvolta totalmente, la piccola Hanne viene a mancare, e ordini perentori da Berlino lo vogliono presente al campo di concentramento di Sobibór, dove assisterà a qualcosa che lo cambierà per sempre.

Ma una luce di speranza tra giornate grigie e cieli sempre illuminati dall'incessante attività dei forni crematori sembra accendersi nell'azzurro degli occhi di Leah, una bambina deportata che assomiglia così tanto alla piccola Hanne da far male.
Cosa scatenerà la vista di quel piccolo fagottino indifeso nel tenente nazista che, nonostante la divisa, non condivide affatto ciò che invece gli altri ufficiali sostengono fermamente?
Cosa rischierà per mantenere vivo il ricordo della sua amata figlia?

Il personaggio di Hans è un personaggio cristallino, puro, diverso, alle volte intimidito dall'autorità che gli altri esercitano su di lui, ma soprattutto umano.
Il tenente Heigel è un uomo che non ha paura di mostrare le sue debolezze, che non si vergogna di piangere, che prova pietà di fronte al massacro di gente innocente, colpevole solo di non appartenere ad una razza "perfetta", "incontaminata", gente che sostiene i propri ideali morendo anche nel tentativo, che nonostante i colpi e le ferite, si erge sempre fiera, dritta, di fronte al proprio triste destino.

"Non c'è spazio per la debolezza, nella Germania che stiamo costruendo."

Ho amato la crescita di Hans, il suo essere forte e fragile in circostanze diverse, il suo mostrarsi determinato pur di raggiungere il suo scopo, il suo voler fare la cosa giusta, molte volte anche sbagliando, in difesa di un ideale, in difesa di ciò che di più prezioso esiste al mondo e che in questo periodo della storia sembra aver perso d'importanza: la vita umana.
Conosceremo tantissimi personaggi in questa storia, alcuni paragonabili a lupi assetati di sangue, spinti dalla dottrina fuorviante di una cultura razzista a compiere azioni innominabili, dallo stupro, all'omicidio, alla tortura, e poi ci imbatteremo nelle vittime di tale scempio: persone impaurite, arrese, sfibrate nell'anima e nel corpo, che alcune volte desidererebbero persino morire anzichè vivere, lasciarsi andare per chiudere gli occhi su un mondo impazzito, reso folle dall'odio e dall'ignoranza.
E poi incontreremo anche nazisti che pur di mantenere una vita tranquilla, preferiscono stare zitti di fronte all'orrore, pur non condividendolo. Hans è uno di loro, e nel suo percorso lo vedremo vacillare moltissime volte, addirittura cadere senza la volontà di risollevarsi e poi rialzarsi guardando in faccia la realtà per affrontarla a testa alta. Piangere, urlare, sorridere ed impazzire. Lo accompagneremo in una storia fatta di compassione, pietà, dolore e follia.

Mi sono chiesta mentre leggevo questo libro come si potesse descrivere un orrore come lo è stato la Shoah, una verità cruda, sanguinosa e spaventosa, con la poesia delicata che i due autori sono riusciti a padroneggiare fino alla fine. Mi sono chiesta che cosa avessero fatto di male tutte quelle persone per aver meritato un trattamento del genere, per essere privati della propria dignità, derisi , torturati, uccisi ed ammassati in modo impietoso all'interno di una fossa da dove si scorge solo il cielo e niente altro.
Mi sono chiesta se davvero siano esistite persone come Hans, colpite in faccia da una realtà ridotta in cenere, che abbiano aiutato ed evitato che degli esseri umani finissero nel peggiore dei modi.
Me lo sono chiesta più volte e più volte l'ho sperato.
Ho sperato con tutte il cuore che qualcuno abbia fatto in modo di poter salvare il salvabile.
Vorrei poter credere che tra quegli ufficiali nazisti tutti impettiti si nascondesse qualcuno con un cuore ancora pulsante e capace di pietà e tenerezza.
Io solitamente non piango, mi commuovo, che è ben diverso.
Mi sono commossa sì e no un paio di volte leggendo, ma questa volta le lacrime sono scese, assieme a quelle del protagonista, di fronte a scene troppo crude e spietate per essere tollerate.

Questo è un libro che, seppur trattandosi di una vicenda inventata, espone gli orrori di una guerra di gran lunga peggiore di quella fatta con le armi.  
Questa è una guerra all'essere umano. Ai suoi diritti. Alla sua dignità.
Non vi staccherete così facilmente dalle sue pagine e probabilmente non vorrete farlo fino alla fine.
"La bambina e il nazista" è una lettura pregna di emozione, di sospiri, colpi di scena, nodi alla gola e strette al cuore. Di lacrime e consapevolezza.

"Per andare avanti bisogna guardare indietro, perchè memoria e avvenire sono legati a doppio filo tra di loro."

Era la prima volta che mi approcciavo ad una lettura del genere e non me ne sono pentita per niente.
Non ho remore ad affermare che rientrerà sicuramente nella top ten dei miei libri preferiti del 2020... e forse anche di tutta la mia vita.
Credo che su cinque stelle, ne assegnerei almeno sette.

LA MIA VALUTAZIONE

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domenica 16 agosto 2020

Recensione "The Devil and the Lady" - Sabrina Pennacchio

TRAMA 

L’anima… la parte più candida di noi… una singola pennellata, più scura delle altre, può davvero bastare a marchiarla per sempre?

Fin dove può spingere il desiderio di salvezza che oscura il nostro cuore? Quel senso di inquietudine e di smarrimento, pronto a scendere sulla nostra testa come la falce della morte? 

Aleyn, colta da un’improvvisa disperazione e da un dolore costante che le pulsa nel petto, farà il primo, madornale, errore della sua vita: invocare il Diavolo in persona per supplicare il suo aiuto. Samael entrerà così nella sua vita, un passo felpato dopo l’altro, fino a scoprire chi ha lanciato la maledizione di morte certa che aleggia sulla testa della sua dannata per tutto il romanzo. 

Sabrina Pennacchio torna con un fantasy che, non solo ci porterà nella vita della protagonista, tra amore, perdite e fatali attrazioni, ma ci farà immergere in quella lotta tra il Bene e il Male che Samael e i suoi fratelli stanno combattendo dall’Alba dei Tempi: qual è la sottile linea che divide davvero giusto e sbagliato?


RECENSIONE

"Era bello, Samael, degno della nomea che portava, eppure non era sano che il cuore iniziasse a battere così forte per la sua vicinanza.


Il Tentatore.

Il Peccato personificato.

La fine per la tua anima.

Era già tanto che in quel periodo passato insieme lei non gli fosse caduta tra le braccia come spesso si diceva: dona l'anima al Diavolo e gli avrai donato tutto te stesso.


Era un matrimonio col Diavolo"


Cosa accade quando il Diavolo si innamora?
Ci si potrebbe aspettare che diventi più mansueto, più dolce, più comprensibile, infatti siamo abituati al vecchio clichè del demone, re di tutti i demoni, che una volta incontrata la sua dolce metà, rinuncia al suo ruolo di cattivone seriale, e si dedica alla vita di coppia, dispiacendosi di tutti i propri peccati, tentando di migliorare e di migliorarsi, magari mettendo su famiglia e vivendo felice e contento...nulla di più sbagliato!
Sabrina Pennacchio ci trasporta in un mondo fantasy dalle tinte oscure e macabre, dove inizialmente ho avuto qualche piccola difficoltà a calarmi bene nella storia, per la mancanza di descrizioni più precise dei personaggi e degli ambienti, nonchè della storia e del passato dei personaggi stessi.
Veniamo catapultati nella vita della giovane Aleyn e del fratello minore Adrell, i quali rimasti orfani, vengono sempre più pressati dalla famiglia Castelli, la quale ha l'unico scopo di appropriarsi del patrimonio dei Parker per avere ancora più prestigio e ricchezza, con l'obiettivo di far sposare appunto la ragazza con l'erede Marco, un uomo che potrei paragonare ad un verme che brulica nella terra umida da come si propone in modo viscido e subdolo!
Mano a mano che la storia procede, ogni evento, ogni segreto svelato, andranno a comporre un puzzle piuttosto complesso che alla fine ci mostrerà tra mirabolanti colpi di scena e rivelazioni shock, la verità e la lettura, piuttosto breve di circa cento pagine, terminerà con un finale a sorpresa che non ci si potrebbe aspettare.
Come dicevo, inizialmente la storia non mi ha convinta, in quanto ho trovato assurdo che una ragazzina avesse scovato per puro caso un grimorio antico quanto il mondo, che senza minimamente una preparazione e senza minimamente sapere a cosa andasse incontro, decide di utilizzare per evocare un demone. E non un demone qualsiasi, ma il re dell'inferno: Lucifero.
All'inizio non mi era chiaro il perchè Aleyn avesse agito così, forse per la disperazione, forse per sentirsi in qualche modo protetta dalle minacce che gravavano sulla famiglia (in particolare sul fratello), forse per conoscere qualcosa in più sulla maledizione che ha flagellato i suoi antenati, ma non sono riuscita ad entrare in empatia con lei, nemmeno nel corso della vicenda.
Il personaggio che invece sono riuscita a percepire di più, è proprio l'affascinante Samael, il demonio evocato dalla ragazza con cui stringerà un patto e che di conseguenza gli vende l'anima.
Samael, infatti, non ha bisogno di apparire per quello che non è e credo che sia il personaggio per questo più coerente della storia; sebbene entri nella vita di Aleyn per scoprire chi potrebbe essere colui che ha dato inizio alla serie di sfortunati eventi che hanno provocato la morte delle persone da lei amate, e sebbene si capisca che prima o poi tra i due nascerà una stramba storia d'amore, egli continuerà a rimanere il Diavolo. 
Anche se innamorato, Samael non muterà il proprio carattere in favore di un sentimento effimero come l'amore, rimarrà sempre il solito essere cinico, lussurioso e provocatorio che conosciamo in origine, manterrà il suo pungente umorismo fino alla fine. 
Ammetto che alcune volte, in alcune parti, l'ho profondamente odiato per alcuni atteggiamenti arroganti  e piuttosto inquietanti che dimostra nei confronti di Aleyn, che subisce il suo fascino senza neanche tanto opporsi, ma poi ho pensato "Bè cosa mi aspettavo? È il diavolo, è così che deve essere!".
Sono rimasta soddisfatta dal fatto che l'autrice abbia dato vita ad un essere che non è cattivo e nemmeno buono, e che non si sforza di migliorarsi in virtù di un sentimento, di un personaggio che rimane in linea con ciò che è e che non deve sforzarsi di impersonare il ruolo dell'eroe, quando in realtà la sua storia e la sua esistenza lo portano ad essere totalmente il contrario!
Un punto a favore va poi ad Adrell, perchè l'ho trovato ben caratterizzato in confronto alla sorella, poco avvezzo alla vita mondana e piuttosto chiuso ed introverso, taciturno ma sensibile, trattato da Aleyn come se fosse un bimbo di sette anni, quando in realtà ormai è un adolescente fatto e finito.
Alcuni momenti tra i due fratelli, infatti, mi sono sembrati un pò troppo forzati, poco naturali.

Nel complesso, The Devil and the Lady è una lettura leggera e priva di fronzoli, che ho apprezzato e che si lascia leggere facilmente ed anche piuttosto velocemente.
La scrittura di Sabrina è fluida, lineare, non possiede descrizioni stucchevoli e noiose, ma risulta diretta ed immediata, anche se ho trovato la presenza di alcuni personaggi (come le amiche della protagonista) poco utile allo svolgimento della storia, tuttavia ho apprezzato il modo in cui è stata ideata la storia d'amore, che non si riduce al solito colpo di fulmine, ma è piuttosto un sentimento graduale che cresce a poco a poco fino a sfociare in una bruciante passione.
Molto carina anche la caratterizzazione di Azrael e Mikael, di cui avrei voluto sapere qualcosa in più, dato che rimangono nella storia personaggi lievemente marginali, e Marco Castelli, seppur un viscidone patentato, è stato descritto bene tanto che ogni volta che entrava in gioco nella vicenda mi saliva un moto di disgusto che a malapena riuscivo a reprimere (quindi sì, è stato costruito bene!).
Se siete amanti dello urban fantasy dove ci siano amore, intrighi, passioni, antichi testi magici, maledizioni che si perdono nella notte dei tempi e demoni vecchi quanto il mondo, allora questo libro fa proprio per voi!

LA MIA VALUTAZIONE

🍂🍂🍂, 5