mercoledì 25 novembre 2020

Quarta tappa blogtour "L' uomo del fuoco" - Sabrina Guaragno - Recensione

 






TRAMA

Le cose non si mettono bene per Alaisa e gli altri apprendisti della maestra Skelribel, costretti a nascondere la loro magia e ad affrontare nuovi nemici, inaspettati e spaventosi: tra questi, vi sono gli adepti della misteriosa Setta del Fuoco, una congrega di maghi malvagi devoti a un potentissimo stregone dato per morto da anni…Per combattere le oscure forze che cercano di distruggere Adaesha, saranno costretti a cercare un aiuto esterno, e a riportare indietro anche la fonte di passati amori e rancori. Ma le insidie possono arrivare anche dalle ombre celate nella propria anima…

Se, da un lato, nuovi maestri e alleati la rendono sempre più forte, dall’altro Alaisa dovrà lottare con tutta se stessa per non soccombere al suo stesso potere e alle proprie passioni. E le conseguenze da pagare potrebbero essere terribili.

In “L’Uomo del Fuoco”, il secondo capitolo della Saga di Alaisa, Sabrina Guaragno dipinge una Adaesha cupa e pericolosa, su cui si muovono nuovi e ambigui personaggi che combatteranno al fianco di Skelribel e i suoi apprendisti, o contro di loro. Riusciranno a rimanere uniti di fronte alle due guerre che minacciano il loro mondo?


RECENSIONE

"Rimani con me" sussurro "Non posso stare un'altra notte sola con la mia oscurità."
"Ci sono io con te. E non ho paura della tua oscurità."

Buongiorno anime e benvenute o bentornate nel mio angolo di Paradiso libroso!
Oggi vorrei parlarvi di un libro, il secondo di una saga fantasy, scritto da Sabrina Guaragno e targato Nativi Digitali, che ho letto ed apprezzato soprattutto grazie allo stile di scrittura fluido, semplice e diretto: sto parlando di "L'uomo del fuoco", seguito super atteso di "La strega della fonte".
Se siete curiosi di conoscere il mondo di Adaesha, sappiate inoltre che c'è anche uno spin off gratuito in formato kindle, sempre della stessa autrice, ma antecedente alla vicenda della strega della fonte, che si chiama "I cinque dei di Adaesha"!

Detto ciò, parto col dirvi che se siete amanti dei fantasy in cui ci sono magia, draghi, guerre tra bene e male, demoni assetati di potere, incantesimi misteriosi ed anche un pizzico di romance, allora questo libro fa proprio per voi!
Se avete letto "La strega della fonte", sappiate che in questo secondo volume l'atmosfera cambia radicalmente e non di poco, diventando più cupa, più macabra e in alcuni punti anche piuttosto cruenta.
Ogni personaggio ha un suo sviluppo personale non indifferente, soprattutto Alaisa che avevamo lasciato come una timida ragazzina alle prese con l'apprendistato dalla strega Skelribel, e che ritroviamo ora come una potente maga dalle facoltà magiche ancora non del tutto chiare, ma a tratti inquietanti.
Alaisa ora è una donna consapevole della propria forza, che straripa di rabbia e frustrazione per la situazione che si è venuta a creare alla fine del primo libro, soprattutto perché ora si trova tutta sola ad affrontare il dolore di Skeribel e delle sue figlie e a cercare appunto di arginarlo senza permettersi cedimenti. 
Roran, infatti, se n'è andato e le ultime rivelazioni apprese (che non riporterò per evitare spoiler) hanno lasciato inerme la povera ragazza che all'inizio della storia si trova addirittura a combattere una malattia, una piaga, che ha tutta l'aria di essere di provenienza magica.

La Setta del Fuoco è sempre più vicina e Alaisa e i suoi compagni devono farsi trovare pronti nel momento in cui questa apparirà per portare a termine i propri oscuri scopi.

Essendo amante delle atmosfere dark e gotiche, ho potuto apprezzare meglio questo libro rispetto al primo, dato che ho trovato, soprattutto dalla metà in poi, la presenza più massiccia di rituali ed incantesimi legati al sangue, al risveglio dei morti e alla presenza di entità demoniache che possiedono i corpi umani: si entra quindi nel vivo del mondo magico, raccontato da un punto di vista meno roseo e più cruento, più tribale e primordiale, un mondo in cui serpeggiano le ostilità e i complotti, i sotterfugi e le corse al potere. 

Il personaggio di Alaisa ha subìto una crescita esponenziale, così come quello di Roran (ciao Roran sei una delle mie mille mila crush letterarie, ma certe volte ti piglierei a schiaffi!).
Siamo al cospetto di persone che divengono consapevoli della propria oscurità, del lato non proprio politicamente corretto che risiede in ogni essere umano, in particolare ho apprezzato il fatto che la stessa Skelribel venga dipinta non più come una donna tutta d'un pezzo, contenuta e che difficilmente si lascia scalfire dagli eventi, bensì come una donna piena di esitazioni, di dubbi e rimorsi, ma soprattutto un personaggio che per amore è pronto a rischiare la posta in gioco, ovvero la sicurezza di coloro che le stanno attorno!

Una nota di merito va anche a Dean, un personaggio marginale che avrei voluto vedere più approfondito, di cui ho amato la caratterizzazione, il suo essere estremamente protettivo e nel contempo delicato nei confronti di Alaisa, ma soprattutto il suo potere, una facoltà molto particolare che poi sarà anche la rivelazione di ciò che lui è veramente per la ragazza di cui sotto sotto è innamorato.

In conclusione posso affermare che il libro mi è piaciuto, ho apprezzato il risvolto che Sabrina ha voluto dare alla storia, dato che si nota anche un modo di scrivere leggermente diverso, quasi più maturo ed articolato, più descrittivo senza tuttavia risultare pesante.
Ovviamente per mio gusto personale, non ho particolarmente amato il presente in prima persona con cui è narrata la vicenda, ma questa è semplicemente una cosa mia, come lettrice, tuttavia ho adorato il finale sospeso, in cui Alaisa arriva ad un punto critico in cui prende in mano la situazione, in cui non ha più nulla da perdere, e sparisce a cercare ciò che deve cercare, più decisa che mai.
E questo è il preludio, spero, di un capitolo successivo coi fiocchi, pieno di colpi di scena e momenti mozzafiato. IO NON VEDO L'ORA.

LA MIA VALUTAZIONE

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martedì 24 novembre 2020

Recensione "La vita invisibile di Addie LaRue" - Victoria Schwab

 

TRAMA

Nel 1714, Adeline LaRue incontra uno sconosciuto e commette un terribile errore: sceglie l'immortalità senza rendersi conto che si sta condannando alla solitudine eterna. Tre secoli di storia, di storie, di amore, di arte, di guerra, di dolore, della solennità dei grandi momenti e della magia di quelli piccoli. Tre secoli per scegliere, anno dopo anno, di tenersi stretta la propria anima. Fino a quando, in una piccola libreria, Addie trova qualcuno che ricorda il suo nome. Nella tradizione di Vita dopo vita e La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, La vita invisibile di Addie LaRue si candida a divenire una pietra miliare nel genere del "romanzo faustiano".


RECENSIONE

Buongiorno lettori e benvenuti ancora una volta nel mio blog!
Oggi vi vorrei parlare di un'uscita Oscarvault fresca fresca di oggi, un'uscita alla quale si è creato un hype talmente grande e clamoroso che ho deciso di concedergli una possibilità: sto parlando di "La vita invisibile di Addie LaRue" di Victoria Schwab.
Se mi conoscete almeno un po' sapete benissimo che quando attorno ad un nuovo caso letterario vengono imbastiti un clamore ed un'aspettativa mastodontiche, sono la prima che si tira indietro, dato che ogni volta che ci ficco il naso, puntualmente vengo delusa manco si trattasse di una tragedia greca.
Essere delusa da un libro che tutti (o quasi) elogiano, per me diventa fonte di dubbio: perché mai a tutti piace tranne a me? Sono io che non sono riuscita a cogliere il significato del testo? Sono io che forse sono troppo esigente come lettrice o forse è solamente il fatto che ognuno ha i suoi gusti e può essere libero di esprimere  il proprio parere (anche negativo) senza ricevere l'ondata di critiche dai fan dell'opera stessa?

Ecco, oggi vorrei parlarvi appunto di un libro attorno al quale è stato creato ad hoc un forte velo di attesa, di bramosia, di aspettativa, che tanti hanno amato urlando addirittura al libro più bello dell'anno, ma che io purtroppo non sono riuscita a digerire.
Premetto che non era la prima volta che mi rapportavo con la scrittura della Schwab e non ho paura di dire che avendone letto solo la duologia di Questo canto selvaggio, mi sono in qualche modo invaghita del suo stile, a tratti poetico e ridondante, a tratti deciso e diretto, efficace, uno stile che ho apprezzato e che non mi ha lasciata del tutto indifferente.

In La vita invisibile di Addie Larue, ovviamente, il modo di scrivere di Victoria cambia radicalmente, non è più diciamo "immaturo" come lo può essere quello del Canto selvaggio, bensì troviamo una scrittura più elaborata, ricca di termini ricercati e zeppa di descrizioni che a parere mio si sono rivelate prolisse e letali. Descrizioni che di fatto non arricchiscono il contesto, ma che in alcuni momenti servono solo ad allungare il brodo.
Posso dire che il libro poteva tranquillamente essere di 300 pagine senza dover arrivare al mattone in cui per una buona metà si ripetono le stesse identiche situazioni che non portano nulla di nuovo alla storia? 
Posso dire che le prime 100 pagine scorrono facilmente dato che facciamo la conoscenza della protagonista, del demonio con cui stringe un patto di immortalità e del contesto storico in cui è incastonata la vicenda, mentre nel mezzo la storia rallenta notevolmente e si limita ad essere ridondante e vagamente piatta e noiosa?
Posso dire anche che questo libro è un romance fatto e finito con l'unica componente fantasy dell'Oscuro che se ne va a zonzo a stringere patti con gente disperata ed insoddisfatta della propria vita?
Posso dire che questo libro a parere mio non merita di essere nominato tra i libri migliori dell'anno?

Bene, lo dico!
Non dico che il libro sia un totale disastro, anzi, ci sono dei momenti in cui ho provato la stessa nostalgia della protagonista nei confronti di una vita che le è appartenuta e che ora non le appartiene più, una vita che ha rovinato con le proprie mani affidandosi in quelle dell'affascinante diavolo che la rende immune alla Morte, ho sentito il dolore di una ragazza che non viene ricordata, il desiderio di voler lasciare un'impronta propria nel corso degli anni, la terribile sensazione che il tempo non sia così pietoso come vuol far credere e che faccia di tutto per renderci impotenti di fronte a certe situazioni.
Ho pensato a come sarebbe veder morire i propri genitori, i propri amici ed amanti, uno dietro l'altro, senza che essi si ricordino di noi, della nostra faccia e del nostro affetto; ho pensato ad una vita immortale in cui di fatto l'unica compagna plausibile sarebbe la solitudine, tuttavia il privilegio di vivere per sempre si riflette senza volerlo sul voler fare incetta di cultura, sia essa fatta di libri e giornali, sia essa fatta di quadri e musica.
Una vita fatta di arte, una vita eterna per conoscere e studiare tutto ciò che ci piace: non sarebbe una vita meravigliosa? Quante volte (a me spesso) ci capita di fermarci e pensare: mamma mia non mi basterebbe una vita per leggere tutti i libri del mondo o conoscere tutta la storia del mondo o dell'arte o di questo o di quello!
Per me Addie è stato questo: nostalgia, voglia di non arrendersi al limite di una vita mortale, voglia di andare oltre, di sapere, conoscere, un'insana fame di cultura ed arte.

Quindi, l'idea della Schwab di creare un romanzo d'impronta faustiana era davvero una bella idea, a parere mio, quasi innovativa, ma con questo libro è stata sviluppata male perché messa leggermente in secondo piano rispetto alla storia d'amore che quasi predomina su tutto.
Aspettatevi il classico triangolo amoroso quasi bravo ragazzo - ragazza - ragazzo molto cattivo , ovvero un demone che dovrebbe essere crudele, inumano e guidato dalla semplice brama di potere, che trae godimento dal divorare anime, ma che invece alla fine altri non è che un diavoletto capriccioso e geloso bisognoso d'amore.
L'esistenza di scene alquanto banali, poi, non mi ha aiutata ad affrontare in modo lucido la lettura, poiché la stessa maledizione di Addie certe volte mi ha destabilizzata lievemente portandomi a pensare che ci fossero alcune incongruenze ( Henry mio caro, non ti sembra un po' strano che i tuoi amici non si ricordino di Addie dopo la trentesima volta che gliela presenti? Non ti fai qualche domandina? No eh? Vabbè.).

E poi arriva il finale che mi dà l'ultima mazzata.
Davvero Victoria? 
Davvero mi fai cadere un personaggio che fino a metà libro ho quasi apprezzato così in basso manco fosse l'ultimo arrivato? Davvero me lo fai passare per l'ingenuo di turno dopo tutto quello che ha fatto nel corso della storia? Dopo che si è mostrato per l'essere calcolatore ed opportunista che è?

No, non ci sto perdonatemi. 
Questo libro secondo me non merita tutto l'hype che gli si è costruito attorno ed io sono rimasta così delusa alla fine che non riuscivo nemmeno a trovare le parole per scrivere una recensione che non fosse troppo arrabbiata.

Il libro quindi mi ha fatto schifo? No.
L'ho odiato? No.
L'ho amato? No.
Ho apprezzato la costruzione dei personaggi certo, che sono prettamente umani, ricchi di dubbi, sbagli, rimorsi e certezze, di errori, rimpianti e colpe, di voglia di rinascere, di vivere, di sentirsi amati.
Il sentirsi amati è sicuramente il filo conduttore dell'intera lettura.
La ricerca dell'amore, del voler essere qualcuno per qualcuno.

La vita invisibile di Addie LaRue è un buon romance con sprazzi di fantasy qua e là.
Ma per me di certo non è il libro dell'anno.


LA MIA VALUTAZIONE

🍂🍂 , 5 \ 🍂🍂🍂🍂🍂





 






sabato 21 novembre 2020

Recensione "Nell'antro dell'alchimista" - Angela Carter

                                                                  

TRAMA

Angela Carter, autrice del Novecento inglese dotata di una fantasia inesauribile, trovò la sua forma espressiva ideale nel racconto; è al racconto che affidò il suo testamento letterario e fu esso a consacrarla come una delle autrici di spicco della sua epoca. Questo secondo volume della ricca raccolta "Nell'antro dell'alchimista" contiene "Venere nera", in cui la scrittrice reinventa la storia di alcune grandi figure della letteratura: Jeanne Duval, la musa affascinante e riluttante di Baudelaire che non ha mai chiesto di essere chiamata Venere nera, è intrappolata nella passione malata del poeta; Edgar Allan Poe dimostra in ogni pensiero e azione quanto avevano ragione i suoi amici quando dicevano che «chi beve prima di far colazione è perduto»; Puck, il folletto di Sogno di una notte di mezza estate, circondato da fate affette da un terribile raffreddore, smania d'amore omosessuale per un essere inafferrabile. Il volume include anche i racconti di "Fantasmi americani", che intreccia storie del Nuovo e Vecchio Mondo: Lizzie Borden, la ragazza che uccide i genitori a colpi d'accetta, fa un'inconsueta gita al circo; un giovane pianista stringe un patto col diavolo in un bordello del Sud; un onesto studente viene accompagnato in un viaggio attraverso gli ambigui residui dell'Età dell'Oro hollywoodiana; la Maria Maddalena di Georges de La Tour subisce alcune straordinarie trasformazioni... Angela Carter mescola meravigliosamente storia, finzione, invenzione, critica letteraria, dramma e commedia, alto e basso in una gloriosa raccolta di storie piena di contraddizioni e sorprese come la vita stessa.


RECENSIONE

"Sono tristi, infinitamente tristi le sere d'autunno avanzato. Sono colorate di rosa e di malva, sfumate di grigio. Tristi da stringerti il cuore. In cielo le volute larghe, vistose di nuvole segnano il commiato del sole. L'angoscia scende sulla città."


Non conoscevo Angela Carter fino a quando spulciando sul sito di Fazi editore ( che a proposito ringrazio moltissimo per avermi spedito il file!), ho notato tra le tante nuove uscite questa raccolta di racconti, incorniciata da una splendida copertina che richiama al mondo delle favole e di un certo tipo di oscuro folklore.
Angela Carter è un'autrice del Novecento a cui va tutta la mia stima, non solo per essere riuscita a mettere per iscritto tutto ciò che le abitasse nella mente in modo bizzarro, totalmente nonsense, mescolando razionalità e fantasia in un universo onirico che sprizza tragedia e commedia da tutti i pori, ma anche per il suo fervente femminismo che lascia un'impronta evidente in ognuno dei suoi racconti.


"D'Ottobre, quando la notte la luna è una falce sottile sottile, quando la terra, perché tutto sia ancora più misterioso, nasconde nella sua ombra la complice rilucente degli assassini - in notti del genere, si può dire che la luna sia nera.".


Ovviamente non starò qui ad elencarvi passo passo tutti i racconti presenti nella raccolta, sia per non incappare in spiacevoli spoiler, sia per non rovinare l'atmosfera cupa ed al contempo lucente che l'autrice è riuscita a donare a tutte le sue creature, tuttavia vorrei soffermarmi sui temi più ricorrenti e sui passaggi che più mi hanno colpita durante la lettura.

La scrittura di Angela è pura poesia.
Vi troverete catapultati in assolate giornate d'Estate all'interno di bordelli in cui non tutto è come sembra, e dove giovani pianisti dall'aria aristocratica ed impettita nascondono in realtà il più terribile dei segreti, la più aberrante delle azioni: si può vendere la propria anima per l'infallibilità di un proiettile? Verrete accolti nei boschi più piovosi di sempre, in cui le fate non fanno altro che starnutire ed imprecare, in cui la vera natura, la doppia natura di un giovane dio, sarà anche la fonte del desiderio bruciante di re Oberon e della consorte Titania; conoscerete bambine selvagge cresciute dai lupi, affascinanti donne che diventeranno le muse dei poeti più maledetti e più conosciuti della storia, capirete cosa si cela nella mente di chi un giorno si sveglia decidendo di porre fine alla vita dei propri genitori a colpi di accetta.

La cosa che mi ha fatta innamorare di questa raccolta, infatti, è che la scrittrice abbia saputo rielaborare e riadattare alcune delle opere classiche più famose ( includendo alcuni dei loro personaggi) in modo da partorire delle visioni distorte, bizzarre, apparentemente senza senno, ironiche e deliranti delle opere stesse, stando bene attenta ad inserirci però un argomento di fondo che non passasse inosservato.


"Perché Oberon dall'ira è quasi pazzo
perché lei, come paggio, ha un bel ragazzo
che a un principe dell'India fu rapito,
ed è il suo più soave favorito-
Questi, il geloso re vorrebbe avere!"


Se facciamo riferimento al racconto tratto da Sogno di una notte di mezza Estate, infatti, il protagonista è un ermafrodita, donna e uomo assieme, l'equilibrio di due sessi che non ha bisogno di qualcun altro al proprio fianco per essere un individuo completo, ma al contempo desiderato da tantissime altre creature che bramano il suo sesso appunto perché provvisto di una dualità.
Ogni creatura del bosco ama Hermy Tutto Oro.
E la scrittrice sta bene attenta a specificare che Hermy non è un ragazzo, ma nemmeno una ragazza!
E badate bene che il fatto che venga definito tale, l'autrice vuol fare presente, è semplicemente una limitazione del patriarcato, una definizione patriarcale.
Procedendo nella lettura ho notato inoltre che la figura della donna viene rappresentata quasi sempre come una figura forte, con voglia di indipendenza e che non ha bisogno di un uomo per farsi strada nella società, nonostante stiamo parlando comunque di un'epoca in cui la donna veniva bistrattata dalla società stessa. 
Possiamo definire Angela Carter una scrittrice all'avanguardia?
Certo che sì! Il suo femminismo ben si mischia al nonsense di cui sono impregnati i suoi racconti, dove erotismo e femminilità vengono messi in risalto sullo sfondo di vicende alle volte puramente macabre, gotiche, horror, ma sempre arricchite da componenti fantasy che personalmente ho trovato un connubio perfetto.

Il desiderio di far spiccare la figura femminile non più come l'ombra di una società patriarcale, ma come individuo ben distinto dotato della propria indipendenza, della propria forza di volontà e del proprio coraggio di vivere appieno la propria sessualità, svetta soprattutto nei racconti Venere Nera, in cui Jeanne Duval diventa la musa ispiratrice del maudit Baudelaire, dove viene affrontato di petto anche l'argomento ostico del colonialismo e dello schiavismo, ma soprattutto in Nostra signora dei massacri, in cui viene descritta, con scopi non solo di intrattenimento, la drammatica situazione degli indiani d'America sterminati in massa dagli uomini della corona inglese.

Angela Carter racconta anche di ciò che di più profondo può celare l'animo umano, delle dipendenze, delle malattie, fisiche e mentali, citando la velata malinconia di Edgar Allan Poe e della sua amata cugina Virginia, presa in moglie troppo giovane e destinata a consumarsi in uno stile di vita che le stava estremamente stretto. 
Volete un brano adatto a questo periodo dell'anno, in cui il Natale si avvicina con inquietante velocità?
Le navi fantasma fa proprio per voi! 
Un racconto in cui si tenta di soffocare lo spirito del Natale, considerato immorale, pagano, demoniaco, ma che torna, torna sempre, più forte di prima!


"Indubbiamente è una pratica paganeggiante e certo volgare quella di festeggiare la nascita del Nostro Salvatore con banchetti, bevute e spettacoli osceni di mimo e mascherate."


E se volete tornare bambini, tranquilli, c'è sicuramente qualcosina che fa per voi!
Immergetevi nella lettura dell'oscura fiaba di Covacenere, ovvero Il fantasma della madre, ce ne sono ben tre versioni, così potrete scegliere quella che più vi piace!
Oppure se siete più schizzinosi e non potete immaginarvi una delle sorellastre che per far calzare a pennello la famosa scarpetta si trancia via di netto le dita dei piedi, potete sempre recarvi a Praga, assieme ad Alice, nel gabinetto delle meraviglie e fare conoscenza dell'assistente del Dottor Dee, l'Uomo di Latta!
Ce n'è per tutti gusti!

"...e dove, in via degli Alchimisti, c'è una certa casa che diventa visibile solo quando cala la nebbia."

Ragazzi, ma che ve lo dico a fare?
Se come me siete amanti delle fiabe rivisitate in chiave dark, macabra, dove non esiste il lieto fine, se come me amate le donne forti, che sbagliano, certo che sbagliano, ma che sono sempre pronte a rialzarsi più grintose di prima, senza aver paura del giudizio degli altri, se come me non avete paura di leggere di cose bizzarre che ne richiamano di più bizzarre, allora, signore e signori, questo è il libro giusto per voi!


LA MIA VALUTAZIONE 

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venerdì 20 novembre 2020

Review party Alice, Dorothy, Wendy



TRAMA ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Alice si annoia, seduta in giardino, quando all'improvviso compare un coniglio bianco con panciotto e orologio. La bambina gli corre dietro: scopre così che a infilarsi nella tana di un coniglio si può precipitare in un pozzo le cui pareti sono arredate con credenze, quadri e scaffali, e finire in un mondo pieno di meraviglie. Un pasticcino con la scritta "mangiami" la fa allungare come un cannocchiale, un ventaglio magico la rende così piccola che rischia di annegare nelle sue lacrime. Al tè del Cappellaio Matto il Ghiro dorme mentre Alice e la Lepre Marzolina cercano di risolvere gli indovinelli. E sulla partita a croquet della sanguinaria Regina di Cuori aleggia impalpabile e beffardo il sorriso del gatto del Cheshire...

RECENSIONE

"Ma io non voglio andare fra i matti!" osservò Alice.
"Bè, non hai altra scelta" disse il Gatto "Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta."
"Come lo sai che sono matta?" disse Alice.
"Per forza" disse il Gatto "altrimenti non saresti venuta qui."


Ma buongiorno anime lettrici! 
E benvenute in questa recensione che attendevo di presentarvi da una vita, dato che si tratta di una storia che fa parte della mia storia. 
Di una storia che ha avuto una forte importanza nella mia infanzia e che ancora adesso mi fa sognare ad occhi aperti: sto parlando di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.
Grazie a Rossella di Twinsta Book e alla Oscarvault che ha lanciato questa splendida edizione dedicata a tre delle storie più famose ispirate al mondo dell'infanzia, ho potuto dedicarmi ancora una volta al bizzarro mondo di Alice e delle sue meraviglie, arricchito anche dalle graziose illustrazioni originali in bianco e nero di cui Carroll si assicurò in prima persona fossero assolutamente fedeli a ciò che voleva trasmettere e rappresentare.

Parlando appunto dell'edizione, ci troviamo al cospetto di un mattoncino di più di cinquecento pagine, con una copertina decorata minuziosamente e degli interni mozzafiato in cui si alternano disegni di stampo vintage a cornici formate da piante e fiori.
In particolare, sappiate che non ci sono solamente le tre canoniche storie di Alice, Dorothy e Wendy, poiché oltre ai soliti libri noti, troviamo anche il seguito di Alice nel paese delle meraviglie, ovvero Alice attraverso lo specchio  e quello che vi trovò, e per Wendy troviamo invece Peter Pan nei giardini di Kensington e Peter e Wendy.

Fatte queste premesse, torniamo a parlare della mia Alice!
Alice è un personaggio un po' controverso, ispirato alla piccola Alice Liddell, una fanciulla realmente esistita famosa per aver attirato le attenzioni di Carroll, il quale le avrebbe dedicato l'intera storia ( si dice per ammaliarla e farla cadere ai suoi piedi).
Come vi ho già detto sul mio articolo dedicato allo scrittore e a ciò che di lui esiste nell'opera ( lo trovate qui ), Alice nel paese delle meraviglie è una favola creata apposta per distrarre i bambini , e pure gli adulti diciamocelo, dalla routine schiacciante di ogni giorno.

Nel mondo di Alice nulla ha un senso, e la stessa bambina inizialmente annoiata dalla pesantezza di un  caldo e monotono pomeriggio, decide di mandare tutto al diavolo per seguire un bizzarro coniglio bianco col panciotto all'interno di una tana.
Il bisogno di Alice di scappare dalla noia, di evadere, di dedicarsi a qualcosa che non siano i suoi doveri da brava bambina aristocratica, la porta a cadere in un mondo dove la razionalità non esiste, dove ognuno può fare ciò che vuole senza venir mai rimproverato.

"Brilla, brilla, pipistrello!
Sarai topo o sarai uccello?

Nella quiete della sera
voli come una teiera.
Brilla, brilla..." 


In Alice nel paese delle meraviglie i neonati hanno il grugno di piccoli maialini, i gatti sorridono a trentadue denti, i cappellai sono matti e con loro siedono su lunghi tavoli imbanditi anche dei ghiri che soffrono di evidente narcolessia e delle lepri pazze ed isteriche. 
Le regine tagliano la testa a chiunque la pensi diversamente da loro e le guardie reali sono delle carte da gioco monodimensionali che dipingono le rose di rosso per evitare la decapitazione.

Ciò che di questo mondo mi ha sempre affascinato, tuttavia, oltre all'ambientazione puramente fantastica e ai personaggi totalmente bizzarri e nonsense (io sono un'amante sfegatata del nonsense sappiatelo!), è l'uso di poesie e filastrocche totalmente insensate e disarticolate, ma che ho scoperto poi avere uno scopo ben preciso: Carroll, infatti, le avrebbe inserite nella sua storia come una sorta di insegnamento pedagogico, in modo che i bimbi in procinto di imparare la lingua potessero scorgere qua e là inesattezze ed errori di pronuncia ed imparare così le parole e le frasi in modo corretto.


"Era brillosto, e i tospi agìluti
facean girelli nella civa;
tutti i paprussi erano mélacri,
ed il trugòn striniva."


Se nel primo libro dedicato ad Alice troviamo un universo in cui vengono introdotti i vari protagonisti e le loro pecche ( la Regina di cuori rappresenta in tutto e per tutto l'ira, il Cappellaio il bipolarismo ed in certi casi, se si vuole scavare a fondo, una velata depressione, la Lepre marzolina l'isterismo e una buona dose di follia) e la stessa Alice è una ragazzina che vuole trovare un posto nel Paese delle meraviglie e cercare di comprenderne i meccanismi, il tutto condito da un'atmosfera piuttosto giocosa, nel secondo volume, Attraverso lo specchio, la bimba impara a conoscere ciò che la circonda e in qualche modo la storia si tinge di sfumature più cupe, bene adatte alla crescita interiore di Alice che alla fine diventa Regina. 
Mentre l'Alice del primo libro è una bambina piuttosto ingenuotta ed in cerca di una certa identità, nel secondo diviene consapevole di sé stessa e di quello che le sta attorno, nonostante il tutto sia permeato da uno spesso strato di assurdità e paradosso!


"Dello Specchio ai soggetti disse Alice in festa:
"Ho lo scettro nel pugno, e la corona in testa.
A pranzare venite tutti quanti testé
con la Regina Rossa, quella Bianca e con me!"


Alice è l'infanzia che non vorremmo mai lasciare andare, la paura di crescere, il timore di diventare grandi e di non riuscire più a tornare nel nostro Paese delle meraviglie personale, quel senso di disagio che cresce a contatto con una società che ci vorrebbe in un certo modo, omologati, che ci fa sentire accettati o che è la prima ad escluderci, che ci desidera forti come adulti, ma mansueti come bambini.
Alice è l'eroina del paradosso e dell'assurdo, un richiamo alla spensieratezza, quella di cui, soprattutto oggi, avremmo davvero bisogno, una storia che tutti i bimbi dovrebbero conoscere ed amare.


LA MIA VALUTAZIONE 

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mercoledì 18 novembre 2020

Blogtour "Alice Dorothy Wendy" - Lewis Carroll: quanto c'è di lui nelle sue opere?

 



TRAMA

Alice e le sue avventure nel favoloso Paese delle Meraviglie, di là e di qua dallo specchio. Wendy, l’amica di Peter Pan che per molti lettori è la vera eroina dei romanzi con il bambino che non vuole crescere. Infine Dorothy, la piccola protagonista portata da un tornado nel fantastico mondo di Oz. Tre ragazzine curiose e audaci, al centro di tre grandi classici che, ciascuno a suo modo, hanno saputo celare sotto le spoglie del racconto di fantasia messaggi e metafore della vita. Questo libro è l’occasione per rileggere i tre romanzi – Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Peter Pan e Il Mago di Oz -, cogliendone la grande modernità.

LA DUALITA' DI LEWIS CARROLL

Grazie a Rossella di Twinsta Book e ad Oscarvault che mi hanno permesso di partecipare a questo splendido blogtour, oggi vi porto la mia tappa sul controverso personaggio di Lewis Carroll.
Mettetevi comodi perché ci sarà un bel po' da dire e spero che l'articolo vi piaccia!

Lewis Carroll è lo pseudonimo di Charles Lutwidge Dogson, il terzo di undici fratelli cresciuto da una famiglia di origini irlandesi e di impronta anglicana.
Già dalla tenera età Charles dimostra di essere un ragazzino precoce, tuttavia l'essere nato mancino ( per la mentalità dell'epoca nascere mancini era come una maledizione) ha scatenato nei genitori il desiderio compulsivo di correggere assolutamente questa pecca, e secondo alcune fonti fu proprio il metodo rigido e severo che usarono nei suoi confronti a renderlo poi balbuziente. 
La balbuzie fu pesantemente penalizzante per la sua carriera e nella sua vita in generale, soprattutto nel lato sociale, tuttavia questo non gli impedì di scrivere numerosi racconti e poesie ispirati al mondo dell'infanzia a cui lui era davvero molto affezionato.
Prima di pubblicare le sue prime raccolte, Charles scrisse diversi saggi sulla matematica, divenendo così una delle figure più importanti nel campo del XIX secolo; solo in seguito si appassionò al mondo della scrittura e della fotografia, e qui entra in gioco lo pseudonimo di Lewis Carroll.

Diverse sono le teorie che aleggiano attorno a questa ben conosciuta ma ancora misteriosa figura.
Alcuni lo vorrebbero semplicemente come una sorta di angelo custode di tutti i bimbi, creatore di favole in cui ogni fanciullo potesse estraniarsi dalla rigidità di una società in cui l'educazione e un giusto modo di porsi erano le basi da cui partire per una vita all'insegna del successo e del potere.

La maggioranza delle teorie però, affermerebbe che Carroll fosse veramente un pedofilo, un amante appassionato di bambine che adorava fotografare in pose alquanto ambigue, adescandole vagando per le strade col suo borsone di caramelle e dolcetti, convincendole a farsi immortalare in modi troppo provocatori e voyeuristici per delle semplici fotografie.
Questi fatti fecero quindi sorgere nell'opinione pubblica il dubbio che Carroll fosse quindi attratto in modo morboso dalle bambine, tuttavia nell'epoca vittoriana non era raro che i bambini venissero ritratti come in vere e proprie opere d'arte anche in atteggiamenti non del tutto puri ed innocenti.
(In quel periodo purtroppo i bambini che non godevano di una certa posizione sociale, erano relegati a lavorare in fabbrica per quattordici- quindici ore al giorno, sfruttati fino all'osso, mentre una buona fetta delle prostitute che abitavano a Londra era composta da ragazzine dai dieci ai dodici anni.
Oltretutto, anche le bambine che invece avevano avuto la "fortuna" di nascere in famiglie abbienti dovevano comunque sposarsi giovanissime con uomini molto più vecchi di loro. 
Di conseguenza la creatività e la genuinità di alcuni bambini venivano soffocate sul nascere per crescere dei piccoli adulti già in grado di interfacciarsi con la società.)

ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

La passione più grande e bruciante dello scrittore fu indirizzata in particolare verso la piccola Alice Pleasance Liddell, alla quale si ispirò per creare una delle opere più fantastiche ed iconiche nel panorama classico degli ultimi secoli.
Si vocifera, inoltre, che la giovane Alice avesse un fascino preraffaelita che colpì al cuore anche un altro uomo, il collega di Carroll e poeta John Ruskin.

Secondo i più polemici, Alice nel paese delle meraviglie sarebbe un contenitore di oscenità e doppi significati, farcito di tutte le fantasie perverse dell'autore, scritto con lo scopo di sedurre ed ammaliare la giovane Alice Liddell.
Ma ovviamente questo rimane il pensiero di alcuni ferventi sostenitori dell'epoca della teoria secondo la quale Carroll fosse un pervertito pedofilo; se la analizziamo più attentamente, invece, potremmo comprendere che l'opera sia volutamente una critica velata ed ironica, una sorta di satira, sulla società vittoriana, scandita da regole troppo ferree e comportamenti esagerati, adatti a mantenere un certo aplomb.

In Alice nel paese delle meraviglie, infatti, nulla ha un senso, tutto è capovolto, la gente cresce e rimpicciolisce bevendo e mangiando cose di cui non conosce nemmeno la provenienza, c'è la totale assenza di gravità, ognuno vive a modo suo, si festeggiano i non-compleanni e a comandare su tutto e tutti c'è la Regina di Cuori, una reale che non segue nessuna regola razionale e che in modo ingiusto taglierebbe la testa a tutti solo per averle disobbedito. 
E poi vogliamo parlare di Alice che manda al diavolo la Duchessa e la Regina stessa?
Che razza di bambino disonorerebbe un regnante in quel modo? Accade solo nel Paese delle Meraviglie!

Possiamo quindi dire che Alice nel paese delle meraviglie è un libro per bambini che non vuole insegnare una morale, non vuole insegnare una storia, ma vuole semplicemente essere una scappatoia in una dimensione spensierata e priva di regole per tutti i bambini (ma anche per gli adulti) che giorno dopo giorno devono affrontare il peso di una routine pressante e noiosa e che hanno bisogno di staccarsi dal grigiore quotidiano per entrare in un mondo colorato ed abitato da creature bizzarre che fanno e dicono cose senza senso.

Per quanto ci provi, la povera Alice non riuscirà mai ad abituarsi alla società bizzarra in cui s'imbatterà nel suo Paese delle meraviglie, e questo è un chiaro segnale che rappresenta una persona incapace di sentirsi adeguata alla società alla quale appartiene, che probabilmente si rifiuta di diventare adulta (il continuo cresci e rimpicciolisci), che non vuole affrontare la realtà della società che si trova lì fuori.

E chi si aspettava che Alice nel paese delle meraviglie contenesse tutti questi significati?
Che celasse una forte critica verso la società dell'epoca accolta con super entusiasmo dalla stessa società che veniva additata dallo scrittore come troppo rigida ed inoppugnabile?

Carroll rimane ancora oggi il principe del non-sense ( La caccia allo Snark è un altro capolavoro del genere dell'autore se vi interessa!) e Alice col suo Paese delle meraviglie rimane, almeno per me, un posto sicuro in cui rifugiarmi, nonostante i miei ventotto anni suonati, quando ho bisogno di staccare la spina e farmi una bella tazza di tea assieme al Cappellaio, al Ghiro e a quella pazza isterica della Lepre Marzolina!













 


martedì 17 novembre 2020

Recensione "Il regno corrotto" - Leigh Bardugo

 

TRAMA

Kaz Brekker e la sua banda di disperati hanno appena portato a termine una missione dalla quale sembrava impossibile tornare sani e salvi. Ne avevano dubitato persino loro, a dirla proprio tutta. Ma rientrati a Ketterdam, non hanno il tempo di annoiarsi nemmeno un istante perché sono costretti a rimettere di nuovo tutto in discussione, e a giocarsi ogni cosa, vita compresa. Questa volta, però, traditi e indeboliti, dovranno prendere parte a una vera e propria guerra per le buie e tortuose strade della città contro un nemico potente, insidioso e dalle tante facce. A Ketterdam, infatti, si sono radunate vecchie e nuove conoscenze di Kaz e dei suoi, pronte a sfidare l'abilità di Manisporche e la lealtà dei compagni. Ma se i sei fuorilegge hanno una certezza è questa: dopo tutte le fughe rocambolesche, gli scampati pericoli, le sofferenze e le inevitabili batoste che hanno dovuto affrontare insieme, troveranno comunque il modo di rimanere in piedi. E forse di vincerla, in qualche modo, questa guerra, grazie alle rivoltelle di Jesper, al cervellone di Kaz, alla verve di Nina, all'abilità di Inej, al genio di Wylan e alla forza di Matthias. Una guerra che per loro significa una possibilità di vendetta e redenzione e che sarà decisiva per il destino del mondo Grisha.


"Non sanno che cosa possiamo fare insieme. 
Loro non sanno che noi non smettiamo mai di combattere."


RECENSIONE

È facile parlare di un libro che non ci è piaciuto. 
Ci si limita a dire il perché e il per come non abbia soddisfatto le nostre aspettative, si cerca di capire come mai non sia rientrato nei nostri gusti e lo si analizza (e alcune volte demolisce, ma non lo diciamo a nessuno mi raccomando) perché già sappiamo cosa c'è che non va in quella lettura. 
Sappiamo benissimo cosa non ci sia piaciuto.
Ma per me parlare di un libro che invece ho amato risulta quasi sempre un'impresa molto difficile.
Non chiedetemi il perché, non saprei nemmeno spiegarlo, però è ciò che mi è successo leggendo la dilogia di Sei di Corvi della Bardugo, e ancora faccio fatica a spiegare il motivo per cui mi è entrata dentro.

Ovviamente il secondo volume, Il regno corrotto, è un libro diverso dal primo e per certi versi più bello, ma anche più introspettivo, dato che veniamo a sapere qualcosa in più sulle singole vite dei protagonisti: questo magari potrebbe rallentare in qualche modo la lettura, ma serve a far capire al lettore ogni singola paura e ogni singolo motivo per cui tal personaggio si comporta in tal modo.
All'inizio veniamo catapultati subito in una nuova missione impossibile per i nostri ragazzacci del Barile e di seguito in altre missioni ancora più impossibili, dove non mancheranno i ben conosciuti colpi di scena e dove alcune volte sembra che la situazione stia per precipitare per poi tornare quasi inaspettatamente a raggiungere un equilibrio perfetto, il tutto grazie agli assi che ingombrano le maniche di Kaz Brekker, il nostro Manisporche di fiducia!
Mentre in Sei di Corvi troviamo una Ketterdam "superficiale", colma di pericoli ed affari loschi e di dubbia morale come la conosciamo, certo, ma raccontata in modo quasi neutro, come se avesse ancora una faccia da mostrare, un lato nascosto che la scrittrice tiene segreto per rivelarlo nel momento giusto, nel Regno Corrotto la incontriamo sotto un'ottica leggermente diversa.
La città dove complottano i nostri ragazzi non è più un'ambientazione asettica, fredda e rigida come può essere la Corte di Ghiaccio, e nemmeno la vecchia Ketterdam che abbiamo già conosciuto, ma si trasforma in un intrico di vicoli, canali ed edifici che celano le azioni più aberranti e dove ognuno bada ai propri interessi facendo bene attenzione a trarre vantaggio dai fallimenti degli altri.
Ketterdam diventa così una sorta di Amsterdam oscura e tenebrosa, perennemente avvolta da una leggera foschia e ricoperta dal sudiciume di una società corrotta, una società che si spaccia per virtuosa e corretta, al servizio dei propri cittadini, ma che verrà poi smascherata e presentata per ciò che è: un groviglio di gente guidata dalla propria avidità e che non si fa scrupoli per ottenere un successo immeritato.

"I corvi si ricordano le facce. Si ricordano chi dà loro da mangiare, chi è gentile con loro.
E anche chi fa loro del male."

Ma cosa ho amato davvero, davvero tanto di questo libro?
I personaggi, o meglio, la loro caratterizzazione mi ha fatto perdere la testa.
Certo, incontriamo come sempre i soliti noti, ma scoprire qualcosa in più sul loro conto, capire il perché di alcuni loro timori e delle loro esitazioni, conoscere i demoni che abitano la loro mente, mi ha aiutata a comporre un quadro generale e più approfondito sul contesto in cui sono stati inseriti.
Come sempre Kaz rimane il mio personaggio preferito maschile dell'intera lettura: spietato, meschino, opportunista, rabbioso, astuto e sempre sul pezzo, mai preso alla sprovvista e con la testa che trabocca piani ad alto tasso mortale. 
Eppure signore e signori, anche lui ha i suoi punti deboli, e vi lascio scoprire quali, ma ve ne innamorerete, così come vi innamorerete di Nina Zenik e della sua insaziabile fame di dolci, del sempre perennemente corrucciato Matthias, del timido ma coraggioso Wylan, dello scoppiettante umore di Jesper e dalla compostezza di Inej.
Vi prenderete una bella sbandata per il worldbuilding della Bardugo, per il suo modo di descrivere luoghi, persone e sensazioni, per l'universo che è riuscita a creare, la storia che è riuscita ad inventare e per le emozioni che riuscirà a scatenare nel lettore!

Ci saranno momenti in cui vi commuoverete, ve lo posso assicurare mi sono commossa anche io sigh sono ancora traumatizzata, ed altri in cui vi arrabbierete e penserete "Maddai! Ma che è? Ma davvero?", e alla fine volterete l'ultima pagina e vi sentirete arricchiti di una nuova storia ma un po' vuoti, col desiderio di leggere ancora qualcosa sui nostri criminali preferiti.

Il regno corrotto è un libro che mi sento di consigliare a chi non ha paura di innamorarsi di un branco di criminali male assortiti ma che insieme possono spaccare il mondo, di una città sporca dominata da giri loschi e affari sporchi, MA, c'è un ma.

L'unica pecca che ho trovato è che alcune scene sembrano essere state inserite a casaccio giusto per fare volume e per allungare un po' il brodo, scene che non portano arricchimento alla vicenda e che potevano essere evitate. E poi vogliamo parlare di quella scena? 
Non farò spoiler, ma la scrittrice poteva davvero riservarsi di meglio. 
Sarà che non l'ho digerita personalmente. Sarà che non ce lo meritiamo.
Ma dopo quell'avvenimento, la storia ha subìto uno svolgimento repentino e mi è sembrata frettolosa e portata a termine in modo avventato. Avrei voluto saperne di più e posso solo sperare in un seguito che probabilmente temo non arriverà mai.

Nel complesso comunque, la dilogia dei corvi rimane una delle mie crush letterarie di sempre.
E fidatevi, lo sarà anche per voi se amate il genere ( e lo amerete, non avete altra scelta!).


Nessun rimpianto. Nessun funerale.


LA MIA VALUTAZIONE 

🍂🍂🍂🍂, 5 \ 🍂🍂🍂🍂🍂

mercoledì 11 novembre 2020

Review party Graphic novel "Cheshire Crossing" - Andy Weir e Sarah Andersen




 
TRAMA

Sono passati anni da quando Alice, Dorothy e Wendy hanno compiuto i loro favolosi viaggi nel Paese delle Meraviglie, a Oz e sull'Isola-che-non-c'è. Ora eccole qui, ormai adolescenti, a Cheshire Crossing: una scuola molto speciale dove impareranno a gestire le loro straordinarie esperienze e il loro dono di attraversare mondi magici.

Ma proprio non sanno starsene buone buone sedute al banco, e iniziano di nuovo ad attraversare le dimensioni, lasciandosi dietro una scia di caos completo. E se fosse solo un po' di confusione il problema, poco male. Il fatto è che, senza volerlo, fanno incontrare la malvagia Strega dell'Ovest e Capitan Uncino, unito ora in una coppia davvero diabolica.

Per fermarli le tre ragazze dovranno fare ricorso a tutti i loro poteri e mettere insieme una squadra di improbabili alleati da tutto il multiverso!

Cheshire Crossing è un viaggio vertiginoso, divertentissimo e sconfinato attraverso i classici della letteratura e i loro mondi fantastici come non avete mai osato immaginarli.

RECENSIONE

"Forse la mia follia segue delle regole...o forse le regole seguono la mia follia."


Buongiorno anime!
Oggi sul blog vi porto la recensione di una graphic novel che ho avuto il piacere di leggere in anteprima grazie a Rossella (Twinstabook su Instagram ) e alla Oscarvault , che hanno organizzato questo splendido evento coinvolgendomi nell'impresa (vi ricordo che esce il 17 Novembre!!). 

Cheshire Crossing è la seconda graphic novel che leggo e devo ammettere che i disegni si presentano alquanto accattivanti, dalle linee essenziali ma efficaci e dai colori brillanti.
Vi avverto già che vi troverete immersi in enormi campi profumati di papaveri rossissimi e in distese infinite di grano dorato, che appartengono ai mondi da cui provengono le nostre tre protagoniste.
Queste tavole rappresentano infatti un crossover molto interessante tra le protagoniste di tre classici che non dovrebbero mai mancare in una libreria, ovvero Alice nel paese delle meraviglie, Il mago di Oz e Peter Pan, dal forte potenziale, ma a parere mio sviluppato in maniera un po' troppo superficiale.
Wendy, Alice e Dorothy, infatti, in questa novel vengono accolte in un istituto per ragazzi speciali, che si chiama appunto Cheshire Crossing, dopo essere state sballottate da un ente psichiatrico all'altro con l'unica colpa di essere in grado di raggiungere dei mondi fantastici e a tratti fiabeschi, ognuna con la propria modalità.
Le ragazze vengono presto additate dai loro familiari come individui difficili da gestire, con una seria malattia mentale in corso, e di conseguenza verranno spedite nell'istituto del dottor Rutheford per lavorare sui demoni che infestano le loro teste.
Se solo gli altri sapessero invece, che cosa si cela davvero in quegli universi non inventati!
Mondi apparentemente fatati, ricchi di fiori colorati e di creature che appaiono e scompaiono lasciando dietro di loro la misera scia di un enigmatico sorriso, ma che ospitano invece le persone più crudeli e spietate che un mondo potrebbe mai partorire, prima tra tutte quella megera della Strega dell'ovest!

Ebbene sì, lettori! Questa graphic novel è un miscuglio ben assortito di tre mondi tanto meravigliosi quanto pericolosi, mondi così bramati dalla nostra cinica Strega dell'Ovest da arrivare ad instaurare una collaborazione piuttosto singolare con il terrore dei mari e dei bambini: Capitan Uncino!
Per non parlare poi della comparsa della mia amata ed al contempo odiata Regina di cuori, colei che vorrebbe vedere le teste di tutti rotolare ai suoi piedi e che i suoi soldati di carta monodimensionali non vedono l'ora di compiacere!

Secondo il mio modesto parere, Cheshire Crossing è una lettura leggera e relativamente breve che solleva un po' l'umore con la sua pungente ironia (capirete quando vi imbatterete in un Peter Pan piuttosto incline a voler soddisfare i propri bisogni biologici, sì è così non guardatemi male, o in una Alice scontrosa e testarda dall'indole vagamente asociale) e che diverte senza tante pretese, senza affrontare in modo più approfondito alcuni argomenti di fondo.
Argomenti che invece avrei voluto fossero esposti in modo un po' più dettagliato: la condizione mentale delle ragazze e il loro rapporto con essa, la storia e il legame tra i due antagonisti, qualche cenno in più su Cheshire Crossing e la vera natura della tata della struttura, che mi rappresenta in tutto e per tutto Mary Poppins.

Molte quindi sono le influenze dei vari romanzi sulla storia, tuttavia credo che avrebbe potuto essere sviluppata in modo più coerente e logico, dato che alcune situazioni ed anche i dialoghi sembrano piuttosto finti e costruiti, ma in ogni caso è una novella che scorre fluidamente, che dona spensieratezza e che se non altro introduce ad un argomento molto importante che è la salute mentale dei nostri ragazzi e l'importanza di tutelarla.

LA MIA VALUTAZIONE 

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Ps. seguite le altre magiche tappe del Review party di Cheshire Crossing nei profili che troverete nella locandina ad inizio articolo!!






sabato 7 novembre 2020

Blogtour "Le cronache di Alaster Drago" - Recensione

 




TRAMA

Sono passati secoli dalla terrificante guerra contro il Vuoto. I Draghi hanno abbandonato i mortali a loro stessi e qualsiasi forma di magia spontanea sembra quasi scomparsa del tutto. Ciò che ne è rimasto sono  dissapori tra le diverse razze: gli elfi si sono isolati nella loro foresta da tempo, e i nani, decimati da sanguinose guerre, restano rintanati nei loro domini. Gli umani e le mezze razze si sono spartiti il resto. E’ in questo scenario che il destino di Alaster, un giovane mercenario, si intreccia con quelli del mezz’uomo Marcel e della Maga Myra durante la ricerca del preziosissimo Occhio del Drago, portandolo al risveglio di un antico potere sopito dentro di lui e alla sbalorditiva coscienza delle sue misteriose origini. Leonardo Tomer ci accompagna attraverso i luoghi incantati di Jordin, abitati da creature leggendarie, dove spesso i personaggi si troveranno coinvolti in duelli estremi. Magia, amicizia e avventura si incontrano in ambientazioni suggestive e accattivanti, rendendo questo romanzo una lettura avvincente a cui appassionarsi.

RECENSIONE

Il libro di Leonardo Tomer è un fantasy che possiamo collocare nella sezione epic, dato che è ambientato in un regno inventato, ma tuttavia in un'epoca che ha chiari riferimenti al periodo medievale dove esistono oltre ai normalissimi esseri umani, anche fate, elfi, draghi, maghi, troll, goblin ed ogni sorta di creatura fantastica che potremmo immaginare.
Alaster è un giovane mercenario a caccia di avventura, un ragazzo socievole con tutti, ma scaltro e con un certo fiuto per gli affari ed i guai, il quale durante una delle sue missioni s'imbatterà nel mezz'uomo Marcel e di seguito nella mezza elfa, nonché maga, Myra.

La vicenda si snoda tra terreni paludosi ed ingannevoli abitati da creature disgustose e puzzolenti come solo i goblin ed i troll possono essere, creature crudeli e spietate (ma anche piuttosto prive di intelletto, inclini al farsi guidare da qualcuno con un briciolo di cervello in più), al lusso ed il pregio della Città imperiale, per poi passare dal territorio comandato dalla Gilda dei mercenari a cui appartiene il nostro protagonista principale, Alaster.

La storia procede in modo fluido, lo stile di scrittura è semplice, privo di fronzoli e descrizioni pesanti, ma tuttavia diretto ed efficace, reso ancora più avvincente dalla metà del libro in poi, dove si passa all'azione più fitta e al capovolgimento della situazione che fino alla prima metà rimane, diciamo, leggermente in stasi.
Essendo il primo libro di una serie, è una specie di introduzione al regno di Jordin e alla vera natura di Alaster che ci viene rivelata proprio verso la fine, dove possiamo assistere alla comparsa delle creature che danno il nome anche al libro: i draghi e dopo di loro, pure le viverne.

Nonostante i temi di fondo siano l'amicizia, l'onore e, anche se celato ma prevedibile, l'amore, non sono riuscita ad entrare totalmente in empatia coi personaggi, nel senso che non sono riuscita a provare nessuna sensazione, nessuna emozione che mi facesse provare pena o tenerezza o che mi facesse sentire in un certo modo di fronte ai sentimenti dei personaggi: non mi sono sentita coinvolta appieno nella vita dei protagonisti, nelle loro scelte e nei loro dubbi.

A parte questo ho apprezzato il linguaggio tecnico utilizzato dall'autore per descrivere le scene di combattimento, si nota che Leonardo ha una conoscenza approfondita della scherma e del confronto armato, e questo è un aspetto che ha arricchito molto anche dal punto di vista lessicale l'esposizione di tali scene , rendendole ovviamente più veritiere e logiche.

Una cosa che mi è piaciuta molto, oltretutto, è la leggenda che si legge all'inizio del libro in cui si parla di come abbiano avuto origine i draghi e come vengono classificati (shame on me ho un'adorazione inspiegabile per il Drago del Vuoto, il drago cattivo della storia) e a cosa abbia dato origine la loro antica battaglia.

Nel complesso, questo libro mi è abbastanza piaciuto e lo consiglierei anche ad un pubblico più giovane, magari anche a bambini perché no? 
Un fantasy dove ci sono i draghi è sempre curioso da leggere, se poi ci aggiungiamo mercenari, creature magiche, intrighi di corte e complotti orditi nell'oscurità, cosa volete di più?

LA MIA VALUTAZIONE

🍂🍂🍂 , 5 \ 🍂🍂🍂🍂🍂


Ps. Se non volete perdervi le tappe di tutti gli altri blog, cliccate qui e date un'occhiata a tutti i profili dei partecipanti!

venerdì 6 novembre 2020

Review party "Il viaggio di Halla" - Naomi Mitchison

 



TRAMA

Per la prima volta in Italia un classico della letteratura fantasy del Novecento scaturito dalla penna di una scrittrice tutta da riscoprire, grande amica e prima lettrice di J.R.R. Tolkien.

Questa è la storia di Halla, figlia di un re che decide di abbandonarla nei boschi. Qui viene accudita dagli orsi e poi cresciuta dai draghi sulle montagne rocciose; ma il tempo dei draghi, minacciati dagli odiosi e crudeli esseri umani, sta per finire. Odino, Padre di tutte le cose, offre ad Halla una scelta: vivere alla maniera dei draghi, accumulando tesori da difendere, o viaggiare leggera e attraversare il mondo con passo lieve? Iniziano così le fantastiche avventure della ragazza, che girovagherà alla scoperta di nuove terre e antiche leggende, in mezzo a creature incredibili, luoghi misteriosi e magie dimenticate. La sua conoscenza di tutti i linguaggi, sia quelli umani che quelli animali, la aiuterà ad andare oltre le apparenze, ma anche a mettere in discussione ciò in cui ha sempre creduto, mentre affronta, una dopo l’altra, le nuove sfide sul suo cammino. Mitchison ci prende per mano e ci conduce in una favola senza tempo, dove le divinità dei miti nordici convivono con i personaggi della letteratura fantasy per mostrare il valore di comprensione e tolleranza.

Il viaggio di Halla è un racconto agile, profondo e divertente che trasporterà il lettore in un mondo dove si può incontrare un basilisco nella steppa, dove gli eroi vengono portati nel Valhalla dalle valchirie, e dove si può fare fortuna chiacchierando con il cavallo giusto. Più di una semplice fiaba: una volta giunti alla fine, questo romanzo si dimostra una vera e propria mappa di vita.


RECENSIONE 

"Non dimenticare mai, piccola", disse il vecchio Uggi, "non solo di pensare alla maniera dei draghi, ma anche che tu fai parte del tesoro di un drago. Del mio tesoro. E ricorda, se un uomo dovesse vederti tenterebbe immediatamente di rubare tutto quello che indossi e di portarlo via con sé e, probabilmente, anche di ucciderti."


La piccola Halla nasce in un mondo umano che non nutre affetto per lei, minacciandola persino di annientarla, di conseguenza verrà cresciuta via dalla corte a cui sarebbe destinata, tra gli umidi boschi, dalla sua tata che ha la capacità di trasformarsi in orsa prima e dal vecchio e saggio drago Uggi poi, che la inizia ai segreti dei draghi, mastodontici esseri alati che adorano accumulare tesori su tesori.

Grazie a Rossella e alla Fazi Editore che mi hanno permesso di partecipare al Review party di questa piccola perla, ho potuto conoscere questa breve fiaba pregna di significato, non solo morale, ma anche se vogliamo vederlo da quel punto di vista, esoterico e mistico.
Nella prima parte della lettura, veniamo catapultati in un'ambientazione selvatica ed accogliente, tra le ruvide lingue degli orsi e la loro pelliccia calda, nascosti tra i boschi più fitti ed uggiosi gravidi di bacche, piccoli insetti e miele che servono loro per la sopravvivenza.
Gli orsi sono un popolo molto introverso, che non cerca motivo per attaccare per primo la miccia di una probabile scaramuccia, che se ne sta tra i suoi amati aghi di pino a cercare il cibo per affrontare il rigido Inverno, ma Matulli ad ogni modo si dimostrerà molto protettiva nei confronti della sua Halla.
Le insegnerà a ficcare le mani nel fango, nelle arnie ricolme di dolce miele, a credere in sé stessa e a tenere sempre un profilo basso per evitare qualsivoglia tipo di seccatura. Le racconterà molte storie, la notte, prima di farla sprofondare nel morbido manto del suo pelo. 
Le racconterà la sua storia mantenendo sempre quel velo di mistero e reticenza che solo un'orsa premurosa può avere nei confronti di una creatura così fragile e piccola.

"Si narra che quando la nuova regina vide la figlia della vecchia regina, disse al re che di quella mocciosa bisognava sbarazzarsi immediatamente."


Ma quando per Matulli giunge l'ora di crearsi una propria famiglia di orsetti col suo marito orso, le cose cambiano, le stagioni sembrano trascinarsi fiaccamente una dietro l'altra e la tata mutaforma non riesce a resistere al richiamo dell'ennesimo letargo.
Come evocato da un grido silenzioso, entra in gioco il saggio Uggi, un drago vecchio quanto il mondo, che prenderà sotto la sua ala protettrice ed ignifuga la piccola Halla, insegnandole a comportarsi da drago. 
Ho amato davvero molto come siano stati descritti i draghi e il loro stile di vita e ci terrei a fare una piccola parentesi (non sarà mai piccola ma pazienza, sapete che sono logorroica).
I draghi sono rappresentati come degli esseri che a differenza di altri animali, possiedono la memoria, ed è interessante come l'autrice abbia voluto infatti renderli creature senzienti e sagge, provviste appunto di memoria, simili quindi più all'essere umano che ad un qualsiasi altro abitante del regno animale.
Uggi e gli altri draghi, infatti, sono dotati di un'intelligenza superiore, che li spinge a studiare le materie economiche, ad accumulare tesori immensi che testimoniano la loro presenza nel mondo, ad attuare strategie concordate con gli esseri umani per le razioni di cibo che spettano loro e che provengono dagli esuberi di gregge dei pastori.
Mentre le altre creature vengono viste da Halla come creature che agiscono in base all'istinto che è stato donato loro, dalla sopravvivenza, prive quindi della preziosa memoria, i draghi vengono dipinti come creature sagge, che ricordano ogni cosa, e quindi capaci anche di nutrire rancore nei confronti dei loro avversari più crudeli e spietati, ovvero gli esseri umani, ma non esseri umani qualunque, bensì quella categoria avversa di individui che vogliono levarli di mezzo per appropriarsi dei loro tesori: gli eroi.
Interessante, quindi, il capovolgimento del ruolo dell'eroe da salvatore ad assassino, un semplice essere umano guidato da torbidi scopi che volgono all'impossessarsi del tesoro dei draghi.
Tesoro che a mio parere rappresenta proprio la vita stessa del drago, dato che ogni drago appena ne ha la facoltà, inizia ad accumulare oro e gioielli sempre di più, fino a possedere grotte piene zeppe di ogni ben di Dio, che in qualche modo richiamano le esperienze di vita accumulate nel corso dell'esistenza, più o meno preziose.
Halla quindi imparerà a comportarsi anche da drago, subirà la cerimonia dell'ignifugazione che la renderà immune al calore del fuoco, si attaccherà in modo quasi morboso ai gioielli del vecchio Uggi, che poi nel corso della storia non avranno più alcun valore, perché crescerà e si renderà conto che dopotutto il bene materiale conta fino ad un certo punto, quando si raggiunge una sorta di maturazione spirituale.
Il ruolo di Uggi quindi sarà utile alla giovane Halla per rendersi conto che il mondo là fuori è più meschino di ciò che si potrebbe pensare e darà prova delle sue parole quando gli eroi arriveranno a reclamare il suo tesoro.

Gli eroi, infatti, così come gli esseri umani che incontreremo nel corso della seconda metà della lettura, vengono visti per la maggiore come individui opportunisti, privi di empatia, che badano solamente ai propri affari non preoccupandosi se qualcuno potrebbe subirne le conseguenze.
Ed ecco che in un battito di ciglia passiamo da un'ambientazione prettamente naturale, primordiale, di boschi, praterie, caverne e montagne, ad una Costantinopoli esotica, seducente, attraente ma pericolosa, che mi ha un po' rievocato una più moderna Las Vegas, dove i vizi degli uomini in tutte le loro forme prendono finalmente vita e consistenza.

Infatti la giovane Halla dovrà scontrarsi con diversi grattacapi e situazioni non del tutto chiare, come la corruzione in un ambiente ecclesiastico che dovrebbe essere prettamente spirituale ma che si attacca invece ad una questione di materia, di mero denaro, oppure all'opportunismo e agli intrighi che veleggiano in un'alta società che dovrebbe dare il buon esempio ma che invece si abbandona ad ogni genere di peccato, approfittando della sofferenza della povera gente.

Ecco quindi che la città abitata da esseri umani viene vista dalla bambina come niente altro che un luogo in cui i più deboli soccombono e i più forti accumulano sempre più potere ( è interessante anche il momento in cui vengono introdotte le scommesse sulle corse dei cavalli e i dialoghi tra Halla e i cavalli, impunemente sfruttati per fruttare soldi).

Ovviamente ciò che ho apprezzato maggiormente è il richiamo a figure appartenenti alla mitologia norrena, come Odino, le Norne, le Valchirie e il riferimento al Valhalla come casa di accoglienza per gli eroi, o alla mitologia classica (viene citata anche Demetra) e ad ogni cosa che in qualche modo potrebbe richiamare i miti e le leggende su cui è basato il mondo dalla notte dei tempi.

Il viaggio di Halla è in tutto e per tutto una fiaba e perché no, potrebbe essere anche una fiaba di formazione, con tutti i significati reconditi che vi troviamo all'interno, una fiaba da raccontare a fior di labbra, la notte, ad un bimbo che non vuole smettere di sognare, che vuole continuare a credere in creature un po' burbere come gli orsi o brillanti come i draghi.
Non vi aspettate colpi di scena scoppiettanti o sconvolgimenti eclatanti: avendo la struttura di una fiaba, questa breve storia potrebbe risultare anche piuttosto piatta. 
Concentratevi piuttosto sul significato, su ciò che Halla vuole raccontarvi, su ciò che potreste vedere coi suoi occhi, perché solo in quel modo potreste davvero capire cosa si cela dietro le magiche parole di questo libricino.
Halla è una bimba selvatica cresciuta da tantissimi creature diverse che ha saputo però identificarsi più avanti solo e soltanto in sé stessa, nelle sue capacità, nelle sue emozioni e anche nelle sue paure.
Che siate orsi, draghi o eroi, non è mai troppo tardi per viaggiare leggeri.

LA MIA VALUTAZIONE

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Fate un salto anche nei loro blog!!









mercoledì 4 novembre 2020

Recensione "L'innocenza non esiste" - Mattia Bagnato

 

TRAMA 

Sono troppi anni ormai che la dottoressa Page lavora per il tribunale di Zenith, eppure è ancora in grado di sorprendersi quando le capita tra le mani il sottile fascicolo di Clara Innocence: all'apparenza una giovane donna come tante, una che però ha deciso di deragliare dai binari della quotidianità macchiandosi di un efferato omicidio. Ancora prima di fare la sua conoscenza in una stanza del complesso penitenziario, la dottoressa sa che il dialogo che avrà con la prigioniera sarà cruciale per scrivere il destino della ragazza: la reclusione in carcere, oppure nel manicomio giudiziario. Quello che Clara ha da raccontarle, però, supera di gran lunga ogni sua immaginazione e getta ombre inquietanti su Emerald Falls, la cittadina da cui Clara proviene e nella quale in passato ha perduto per sempre l'innocenza. E, forse, anche la propria sanità mentale.

RECENSIONE

"Bene e male. Luce e buio. Le due metà perfette di una realtà imperfetta. Stelle che collidono e, nella notte, abbagliano."


Dentro di noi convivono la luce ed il buio: è un dato di fatto.
Quante volte ci siamo sentiti sia buoni che cattivi assieme? 
Quante volte abbiamo trattenuto la nostra rabbia, le nostre emozioni più primordiali, per evitare di sbroccare e passare per pazzi?
Quante volte abbiamo nascosto un lato di noi così intimo che temiamo quasi possa prendere il sopravvento una volta per tutte nel momento sbagliato?
Ecco, la storia di Clara Innocence è proprio questa, una storia divisa tra bene e male, una storia che alla fine terminerà oltre la linea in cui esiste l'oscurità che tutto ingloba nelle tenebre più dense.
Clara è una bimba molto empatica, intelligente, sveglia. 
Ha una famiglia che seppur coi suoi tarli ( come tutte le famiglie ovviamente) le vuole bene, soprattutto la madre, ha una migliore amica, Samantha, che la adora, e un sogno nel cassetto da esaudire, come tutti i bambini della sua età, ovvero diventare una scrittrice.
Ma allora cosa va storto? 
Cosa provoca in Clara la rottura che la porterà ad attuare qualcosa di efferato e crudele?
La risposta è piuttosto inaspettata quando stramba: la vita. O meglio, ciò che la vita ha in serbo per lei che non si presenta in nessun modo positivo e conciliante.
Segnata da numerose sfortune e lutti, da tantissimi traumi sia fisici che mentali, Clara diverrà l'ombra di sé stessa, un'ombra che non riuscirà a trovare mai più la luce, un'ombra pregna di follia e vendetta, vendetta nei confronti di chi le ha rovinato la vita e di chi non le ha permesso di viverla come una comune mortale.

Allora allora, parto col dire che quando mi è stata proposta la lettura di questo libro, sono partita leggermente scettica, dato che comunque non è ciò che leggo solitamente e che esce lievemente dalla mia comfort zone (anche se comunque il thriller era un genere che trattavo da giovane e che poi ho un po' abbandonato), eppure surprise surprise! , credo che sia una delle letture più coinvolgenti, più inquietanti e più complete di questo anno funesto!

Lo stile di Mattia è incalzante, conturbante, seducente.
Per alcuni versi, le atmosfere cupe, i dialoghi reali, tutt'altro che costruiti, le caratterizzazioni dei personaggi e degli ambienti, mi ricordano vagamente quelli di Mr. King, soprattutto per il fatto che nel corso della lettura aleggerà su di noi quella sensazione che ci sia qualcosa di soprannaturale nell'aria, quando invece il confine tra verità e fantasia va ben oltre elementi inventati: ciò che è assodato è che il filo conduttore del libro sia una certa dose di follia lampante.
La convinzione della protagonista che la città in cui sia nata e cresciuta abbia qualcosa di maligno, di oscuro che si cela tra i suoi vicoli, ci accompagnerà costantemente nel corso della lettura, gettandoci addosso un senso di soffocamento ed inquietudine tipici dei libri che caratterizzano la componente thriller-horror: ci troveremo col fiato sospeso in situazioni quasi assurde, ma talmente ben raccontate e strutturate che alla fine non possiamo non crederci e soprattutto che ci spingono sempre più ad entrare in empatia con Clara, dapprima fragile ed indifesa, incapace di un qualsiasi tipo di reazione, poi spinta dall'esasperazione e da un rilevante pizzico di lucida follia a compiere uno spietato omicidio.
Emerald Falls diventa così il capro espiatorio per ogni azione premeditata della ragazza.
La città da cui tutto è partito, da cui il male è stato generato e che le ha portato via ogni cosa a cui si fosse affezionata. 
La città che viene vista quasi come un'enorme scacchiera dove le pedine vengono mosse a suo piacimento per intrecciare storie e vicende di personaggi tanto diversi quanto simili per comportamenti e demoni, i demoni che nascondono nella loro mente.
La città che viene immaginata come un essere che partorisce continuamente ammassi di ombre malate.

"Emerald Falls, quella città dannata senza Dio, si ubriacò di quel sangue."


Molti sono i temi attuali che fanno da sfondo a questo libro, prima di tutti la violenza in tutti i suoi generi, sia essa perpetrata nell'ambiente familiare, quindi quella domestica, sia essa una violenza psicologica data da azioni di bullismo nell'ambiente scolastico, sia ancora quella fisica, lo stupro, le botte, la violenza in tutte le sue crudeli sfumature che viene descritta nel modo giusto, nel modo crudo in cui si presenta. 
Quante volte in libri indirizzati ad un pubblico di un'età non del tutto matura troviamo riferimenti alla violenza come giustificazione al carattere di una persona o al suo passato? 
Quante volte la troviamo trattata in maniera così leggera da farci quasi salire un moto di disprezzo nei confronti di chi scrive?
Ecco, in "L'innocenza non esiste" la violenza viene raccontata per ciò che è, nulla di più nulla di meno. E soprattutto avrà delle conseguenze sulle vite di ogni personaggio.
La violenza lascia sempre delle cicatrici e Clara questo lo sa bene, ma oramai le cicatrici non si possono più cancellare e l'unico modo per sanarle è farsi guidare dalla cieca vendetta.

Se vogliamo dirla tutta, troviamo oltre alla violenza anche il tema della corruzione, di una società corrotta, di istituzioni corrotte che sono pronte a far fuori chiunque si erga a paladino della giustizia in modo meschino e freddo, di abusi di potere, di dipendenze, siano esse da droghe o gioco d' azzardo o ancora dall'alcool, o peggio, da persone; troviamo poi il desiderio di sentirsi accettati dal gruppo, di sentirsi parte di una società che corre troppo forte e lascia indietro senza scrupoli, di desiderio di una vita normale che di normale non ha nulla, la voglia di reagire e la voglia di morire per mettere fine ad ogni sofferenza, le delusioni, i tradimenti brucianti.

Leggendo questo libro mi sono trovata più volte a chiedermi: perché la vita alle volte ci mette di fronte a difficoltà del genere, una dietro l'altra, una più insormontabile dell'altra?
Perché la vita degli altri sembra più leggera, più spensierata? 
Bè, lettori, è semplice. 
Non la viviamo la vita degli altri, che ne possiamo sapere? 
Per quanto ci riguarda il nostro vicino potrebbe essere il perfetto padre e uomo di casa che alla sera esce tutto stretto nel suo cappotto per andarsene a spendere lo stipendio alle slot. 
La perfetta madre di famiglia potrebbe avere il fegato eroso dall'alcool o dai sospetti che il marito la tradisca. Magari è proprio così.

Ognuno combatte contro la vita ogni giorno, ognuno reagisce a modo suo. 
Ognuno è libero di affrontarla come gli pare, senza ovviamente nuocere agli altri.
Ma cosa accade quando ogni limite viene superato? 
Quando non si ha più nulla da perdere?
Quando in una mente scatta un meccanismo complicato che conduce alla follia più pura?
Leggete questo libro e lo scoprirete. 
Clara Innocence ed Emerald Falls vi aspettano, ma fate ben attenzione a non stuzzicare le tenebre.

LA MIA VALUTAZIONE

🍂🍂🍂🍂, 5 \ 🍂🍂🍂🍂🍂