lunedì 10 aprile 2023

Recensione "Storie di Ordinaria Follia" - Charles Bukowski

 

TRAMA

La biografia di Bukowski include due tentativi di lavorare come impiegato, dimissioni dal "posto fisso" a cinquant'anni suonati, "per non uscire di senno del tutto" e vari divorzi. Questi scarsi elementi ricorrono con insistenza nella narrativa di Bukowski, più un romanzo a disordinate puntate che non racconti a sé, dove si alternano e si mischiano a personaggi ed eventi di fantasia. "Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo", ha scritto Beniamino Placido su "La Repubblica", aggiungendo: "in questa scrittura molto "letteraria", ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant'anni, le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco. Lui, Charles Bukowski, "forse un genio, forse un barbone". "Charles Bukowski, detto gambe d'elefante, il fallito", perché questi racconti sono sempre, rigorosamente in prima persona. E in presa diretta". Un pazzo innamorato beffardo, tenero, cinico, i cui racconti scaturiscono da esperienze dure, pagate tutte di persona, senza comodi alibi sociali e senza falsi pudori.

RECENSIONE

Di Bukowski ho spesso sentito dire essere un cinico bastardo, amante sfegatato delle donne quasi in modo convulso, della sregolatezza, della vita folle, ma soprattutto un vizioso, attaccato alla bottiglia e dedito alle scommesse sui cavalli.

Ma il caro vecchio Charles è questo, ma anche molto più di questo, e io non ho potuto non intravedere oltre la coltre di ordinaria precarietà, una massiccia dose di solitudine.

In Storie di ordinaria follia, ciò che per noi è la totale perdita di inibizione nei confronti del sesso, del gioco d'azzardo, dell'abuso di alcool, per Bukowski diviene la quotidianità mescolata alla creatività.

Una sorta di trip in situazioni assurde, quasi paradossali, che vengono vissute da lui in prima persona, e che sono per lui la realtà di tutti i giorni, scanditi in modo ordinario, ma totalmente sfociati nella follia.

Bukowski ha uno stile sporco, diretto, alle volte cinico sì, ma che nasconde un significato profondo dietro ogni parola, un significato pregno di sentimento, un sentimento che il vecchio Buk vuole a tutti i costi proteggere per non apparire vulnerabile, perché, e questo traspare dalle righe dei vari racconti, la vulnerabilità a volte porta alle fregature.

E lui di fregature ne ha prese davvero tante, di qualsiasi genere, e il risultato che ne è derivato è la crescente malinconia data dall'incapacità di trovare anime affini alla sua.

È una nostalgia un po' stronza quella che Charles vuole trasmettere, nostalgia di tempi andati, dove forse le cose erano un po' migliori, nostalgia di donne che in qualche modo hanno lasciato un'impronta indelebile nella sua vita, ma che come tutti sono scomparse alle luci dell'alba come chimere e miraggi.

Nostalgia e rimpianto del vecchio sé, che non tornerà mai più, e tuttavia, nonostante tutto, viene evidenziato anche il grande amore per la scrittura e per tutto ciò che lo ispira.

Storie di gente comune, ai margini, di gente dimenticata, gettata, persone normali con una vita omologata, strette nei doveri di giornate che vengono scandite da timbri di cartellini, cene di lavoro, faccende giornaliere a cui assolvere, monotonie infinite.

Bukowski cela dietro ad uno stile maledettamente poetico una sorta di fredda tenerezza che affiora nei momenti in cui compare la figlioletta, una dolcezza sempre trattenuta, ma immensa e forse anche un po' incompresa.

In queste storie il vecchio Buk, con un mozzicone di sigaretta tra le dita di una mano e un bicchiere di whisky e ghiaccio sciolto nell'altra, la macchinetta da scrivere scassata di fronte a sé, ci racconta com'è vivere nella sua pelle, vestendo un corpo malandato, semi distrutto dallo spirito alcolico e dalla vita, completamente andato, e ci spiega a parole proprie come anche da una montagna di letame possa crescere il più bello dei narcisi. Io personalmente lo amo, lo amo da morire, nonostante il linguaggio schietto e terra terra, la volgarità cosparsa di stelle e poesia. E poi, siamo nati lo stesso giorno, sarà mica un segno del destino che sia uno dei miei autori preferiti?

LA MIA VALUTAZIONE

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lunedì 3 aprile 2023

Recensione "Blood" - The Darkness Chronicles vol. III - Gea Petrini

 
TRAMA

Un'ombra che chiamano krigger si aggira tra le strade macabre del nord, nessuno sa chi sia ma sono tempi sempre più pericolosi nel continente gettato ormai nelle tenebre. Tormentata tra quello che deve lasciarsi alle spalle e chi reclama il suo amore, Liv Lars guida l'alleanza bianca con Aron Sander, il gran maestro, e il comandante della guardia Aleksander Sander. I tre amici hanno il destino del continente tra le mani, anche se il loro rapporto sembra pronto a naufragare come il futuro delle casate. Tra i corridoi di Aspera, Freya la necromante combatte per restare al potere mentre Ingrid la beskytter, attratta da un amore proibito, si trova invischiata in nuove insidie insieme ad Alva la veggente.

Per Liv e Finn, i due fratelli del nord, e l'intero sistema della magia, si avvicina inesorabile il momento della verità.

RECENSIONE

Buongiorno lettori e benvenuti o bentornati nel mio blog!
Ebbene sì, ho cambiato veste alla mia pagina, perché nonostante io ami in tutto e per tutto l'Autunno, ho deciso di rendere il mio blog più semplice, con un colore che mi piace tanto, e che spero possa piacere anche a voi.
Oggi, dopo un po' di tempo, torno con una nuova recensione, tutta dedicata all'ultimo capitolo della trilogia dark fantasy di Gea Petrini, Blood, che va a concludere piuttosto dignitosamente la Darkness Chronicles.
 
Avete presente che quando si arriva ad un finale di saga o trilogia, aleggia nell'aria quella malinconia da “oddio, vorrei non finirlo mai, ma nel contempo voglio sapere”?
Ecco, con Blood è stato esattamente così.
Quando ho votato l'ultima pagina, mi sono sentita svuotata, vagamente nostalgica, perché ad alcuni personaggi mi ci sono davvero affezionata tanto.
 
Ringrazio innanzitutto l'autrice per la pazienza e per la copia cartacea (soprattutto la pazienza), ma andiamo avanti e bando alle ciance!
Se le atmosfere dei primi due libri vanno via via incupendosi sempre di più, nell'ultimo volume della trilogia troviamo ancora più oscurità, più tenebra, la classica coltre di buio che soltanto alla fine verrà infilzata dal raggio di sole della salvezza e della pace.
Gli equilibri sono ormai precari da parecchio tempo nel regno di Talamh, e attraverso i vari pov possiamo sperimentare da vicino tutto quello che sta succedendo in ogni fazione.
Dopo la prima guerra tra luce e ombra, i regnanti cercano in tutti i modi di ovviare al problema principale, ovvero la fame della popolazione, la desolazione, il terrore che i figli delle tenebre seminano lungo le strade, la presenza costante di creature orribili ed assetate di sangue che minaccia, non solo la notte, la tranquillità delle famiglie superstiti.
 
In tutto questo, ritroviamo i nostri vecchi personaggi, tra cui la maga Liv Lars, ormai dotata di poteri immensi, che tenta in tutti i modi di trasmetterli anche agli altri maghi per crescere un esercito pronto ad affrontare i gardon capitanati dal fratello Finn, il capo dei Sander, Aaron, suo vecchio amante, che si ostina a voler prendere il comando di gente che non lo riconosce come proprio comandante, la negromante Freya (che si è rivelata piuttosto viscida ed opportunista, nonché una donna che è pronta a qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che desidera), e ancora Alexander, Ingrid, Alva, che devo ammettere mi ha fatto ricredere molto in questo libro sull'opinione che avevo di lei, e tutti gli altri protagonisti della vicenda, più i nuovi arrivati.
 
La trama è ancora una volta piuttosto complessa, ricca di intrighi, sotterfugi, complotti celati dietro a facciate di finta solidarietà, ma come sempre la scrittura di Gea ci guida attraverso tutto questo con fluida maestria e uno stile sensuale, ammaliante, che ci trascina a rotta di collo verso il finale, con la curiosità di sapere cosa accadrà e, soprattutto, chi rimarrà in vita, perché avremo anche molte perdite, alcune facili da immaginare, altre piuttosto inaspettate ed anche fulminee, che lasceranno il lettore piuttosto spiazzato.
 
Se nel secondo libro ci troviamo quasi in una situazione di stallo, dove sì succedono plot twist interessanti e cambiamenti repentini ed improvvisi anche dei personaggi stessi, ma dove comunque la situazione rimane più o meno su una linea dritta e costante, in Blood si nota da subito che qualcosa di grosso bolle in pentola.
C'è la frenesia del libro che deve chiudere una trilogia, quindi la storia si snoda in una maniera che vuole preparare il lettore alla grande battaglia finale, dove finalmente luce e tenebra si affrontano senza esclusione di colpi nell'atto che deciderà le sorti del regno.
 
Assistiamo quindi, da una parte, alla preparazione alla guerra dei maghi che stanno dalla parte del “bene” , se così vogliamo definirlo, perché alcuni risultano essere anche piuttosto moralmente grigi, e quindi alle strategie di combattimento, di azione, ma vediamo da vicino anche i loro cambiamenti caratteriali, quelli avvenuti dopo il primo scontro, mentre dall'altra parte abbiamo gli oscuri, coloro che non temono nessuno e sentono di avere la vittoria e il potere nelle loro mani, anche se nutrono loro stesso dei dubbi viscerali nei confronti di ciò che sarà il risultato finale dello scontro.
 
Molto interessante il fatto che le due fazioni siano in qualche modo capitanate da fratello e sorella; questa rivalità feroce che attraversa le fila dei guerrieri si avverte forte, il problema è che nonostante le idee diverse, nonostante la diatriba, la separazione dei due fratelli, entrambi in qualche modo, traspare soprattutto nella fine, nutrono ancora l'una nei confronti dell'altro dell'affetto, perché comunque sono cresciuti assieme sotto lo stesso tetto, e lo spettro dei ricordi è duro da annientare.
 
Ovviamente, non può mancare la sensualità, quel tocco spicy che rende la lettura piccante, senza tuttavia mai cadere nel volgare, e posso affermare tranquillamente che in questo ultimo volume Gea si è data alla pazza gioia visto che le scene di questo tipo sono in netta maggioranza rispetto agli altri due libri, ma inserite molto bene nel contesto.
 
Non voglio farvi spoiler, sappiate solo che mi è dispiaciuto lasciare andare il regno di Talamh e tutti i suoi personaggi, poiché comunque mi ci sono affezionata molto, sia a loro che al worldbuilding, al mondo che ha creato l'autrice, un universo ricco di magia, stregoneria, amicizia, dolori e perdite, amore, odio, lealtà e tantissimo altro.
Non è mai stato facile per me leggere una saga o una trilogia e poi arrivare al tanto atteso finale, non si è mai pronti ad affrontare il termine di una storia che ci ha entusiasmato e conquistato, ma posso dire che la conclusione della Darkness Chronicles è pressappoco come la immaginavo, anche se alcune cose sono rimaste ancora sospese…e mi fanno ben sperare, che ne so, magari ad uno spin-off?
Lo apprezzerei tanto!
Se siete amanti del dark fantasy che tocca vette di oscurità piuttosto notevoli, dove sangue e viscere sono all'ordine del giorno, dove rituali e sacrifici si consumano col favore delle tenebre, e dove per arrivare alla pace, seppur precaria, si deve passare per la strada più difficoltosa e mai scontata, allora Talamh vi accoglierà a braccia aperte.
 
Alla prossima recensione!
 
Chiara

LA MIA VALUTAZIONE

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