Dorian Gray, un giovane di straordinaria bellezza, si è
fatto fare un ritratto da un pittore. Ossessionato dalla paura della vecchiaia,
ottiene, con un sortilegio, che ogni segno che il tempo dovrebbe lasciare sul
suo viso, compaia invece solo sul ritratto. Avido di piacere, si abbandona agli
eccessi più sfrenati, mantenendo intatta la freschezza e la perfezione del suo
viso. Poiché Hallward, il pittore, gli rimprovera tanta vergogna, lo uccide. A
questo punto il ritratto diventa per Dorian un atto d'accusa e in un impeto di
disperazione lo squarcia con una pugnalata. Ma è lui a cadere morto: il
ritratto torna a raffigurare il giovane bello e puro di un tempo e a terra
giace un vecchio segnato dal vizio.
Ma voi l'avete letto Dorian Gray?
In trent'anni di vita, posso confessare, con una certa
puntina di vergogna, di non averlo mai letto, non interamente comunque, perché
ai tempi della scuola me ne ricordo solo qualche stralcio incontrato qui e là
tra i testi scolastici.
Farne una recensione mi sembra una cosa piuttosto frivola e
superflua, anche perché se ne trovano tantissime in giro, e io non me la sento
di recensire un testo che ha praticamente fatto la storia della letteratura,
non ne sarei probabilmente all'altezza.
Ma un parere modesto lo voglio dare, seppur molto breve, e
forse molti non saranno d'accordo su ciò che dirò, altri magari sì, dunque
veniamo al punto.
Il ritratto di Dorian Gray mi è piaciuto praticamente dalla
metà in poi, perché nelle prime pagine, in cui ci destreggiamo tra le splendide
e ciniche citazioni di Lord Henry, e vari discorsi sulla vita, sui peccati e
sulla bellezza impossibile di Dorian, nonché sulla maniacale ossessione che
Basil nutre nei confronti del giovinetto, mi sono annoiata a morte.
Il momento in cui la lettura ha iniziato ad entusiasmarmi ed
affascinarmi è stato il momento in cui Dorian inizia a decadere.
A decomporsi.
A corrompersi.
Vedere come il ritratto marcisce al suo posto, assistere
all'angoscia crescente di Dorian che osserva sé stesso cadere un po' alla volta
tra le braccia infere, ecco, da quell'istante in poi la lettura mi ha
inevitabilmente attratta, trasportandomi verso il culmine finale in cui succede
l'apice della disgrazia.
Non mi sono fatta mancare nulla, certo, questo arrogante
nobiluomo dalla lingua affilata mi ha conquistata quasi da subito, dannazione,
nonostante alcune volte mi sia venuto l'istinto di prenderlo a testate sui
denti, mentre per il povero Basil, provo solo una gran pena per il suo essere
stato troppo delicato, troppo gentile, quando avrebbe potuto benissimo mandare
a quel paese quel pazzo narcisista di Dorian e Lord Henry stesso.
Il contesto storico lo conosciamo tutti, una Londra oscura,
sporca, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri tentano di farsi strada
a morsi in una società che li vuole assolutamente ai margini.
L'aristocrazia londinese si destreggia tra una cena d'affari
e l'altra, un incontro a teatro, una chiacchiera intima nel salotto di una
contessa…o nei sobborghi in cui brulicano bordelli in cui ci si fa d'oppio. Lo
stile di Wilde è pomposo, forse in alcune parti addirittura dispersivo, eppure
possiede quella cupezza, quella vena macabra, quello strato di marciume
travestito d'oro che tanto mi delizia, e forse è proprio per questo che tutto
sommato il personaggio di Dorian, che da timido giovinetto diviene un uomo
traboccante di peccati inconfessabili, mi ha un poco alla volta sedotta ed
abbandonata, proprio come gli ha ben insegnato il suo caro Lord Henry. Insomma,
il contenuto è assai gradevole, lo ammetto, ed è anche interessante il fatto
che si sa che Dorian commette dei peccati per i quali la sua anima si macchia
giorno dopo giorno, anno dopo anno, mentre il suo corpo rimane eternamente
fanciullesco, ma non si sa effettivamente QUALI siano tali peccati.
Il ritratto di Dorian Gray è forse stato scritto per mettere
il lettore di fronte ai propri peccati assieme a quelli di Dorian?
Mah, questo lo scopriremo solo leggendo!

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