venerdì 22 agosto 2025
Recensione "Indagine sotto il vulcano" - Roberta Castelli
giovedì 9 maggio 2024
Recensione "The Scottish Boy" - Alex De Campi
E poi, a parte la scarsa ambientazione storica che si limita ad un paio
di striminzite descrizioni su opulente residenze nobiliari e decadenti tendopoli
allesistite alla bell'e meglio nei campi di battaglia, vogliamo parlare
del fatto che uno dei due ragazzi è letteralmente prigioniero
dell'altro, ha visto la sua stessa madre morire per mano dei compagni dell'altro, ma dorme
nella sua stessa stanza, sul pagliericcio accanto al suo letto?Cos'è, un pigiama party?
Ma poi per quale motivo Iain, il prigioniero scozzese, viene dato ad Harry?
Per quale motivo Harry, un nobile giovanissimo ed orfano, indebitato fino al collo, dovrebbe occuparsi di un ragazzino che da subito si dimostra ostile nei suoi confronti, che oltretutto lo minaccia ogni tre per due ricordandogli come una cantilena quanto abbia voglia ammazzarlo nel più crudele dei modi? ( e gli uccide pure il cavallo, io non l'avrei perdonato manco a nerbate).
Alla fine lo scoprirete il perché, e preparatevi perché sarà un motivo così assurdo ed impensabile che le braccia cadute all'inizio del libro, vi torneranno in sede e cadranno di nuovo (e non cadranno solo quelle, fidatevi).
Oltre a questo, dovrete sopportare le stesse identiche scene ripetute per quattrocento pagine, intervallate da altrettante scene di sesso infilate nella storia completamente fuori contesto perché probabilmente va di moda ( ah, in questo libro le ripetizioni della parola “uccello" si sprecano, diventerete degli ornitologi alla fine sappiatelo) e abituatevi al fatto che appena uno dei due respira, all'altro si infiammano inguine e lombi.
Non me la sento comunque di bocciare totalmente questa lettura, perché ho trovato che gli scambi di battute, seppur siano dialoghi che potrebbero essere perfettamente adattabili alla nostra epoca, e alcuni momenti di tenerezza tra i due ragazzi siano molto teneri, ma a mio parere serviva sicuramente una ricerca più approfondita riguardo l'epoca di ambientazione: credo sia sempre un azzardo e un rischio scrivere un libro storico, di qualsiasi genere, perché bisogna assolutamente informarsi e studiare molto bene il lasso temporale in cui lo si vuole sviluppare, così da evitare situazioni un poco spiacevoli.
Le scene delle battaglie non mi hanno trasmesso granché, perché appunto non le ho trovate accurate e credibili, e nemmeno i personaggi, purtroppo, hanno saputo scatenare quelle certe sensazioni che mi fanno dire “Sì! È stato un bel libro! Sì, mi ha fatta emozionare!".
Encefalogramma piatto, proprio, e mi dispiace, perché il potenziale c'era, ma non è stato sfruttato al meglio.
Ah, e vorrei anche sottolineare la presenza fastidiosa di refusi ed errori praticamente ad ogni pagina…mi chiedo se sia stato fatto un editing attento e pignolo, ma ciò che ho letto dimostra leggermente il contrario.
E non aspettatevi uno slow-burn. Qui divampa tutto alla velocità della luce, appena uno dei due vede l'altro si innamora immediatamente e ne rimane folgorato.
E non pensate nemmeno che sia un enemies to lovers come viene definito: gli enemies qui durano il tempo di un battito di ciglia, dopo poche pagine si stanno già toccando come dei furetti arrapati.
Fine.
Come direbbe qualcuno, UN MARE DI DILUDENDO.
Chiara
martedì 26 marzo 2024
Recensione "Home Team" - Alexandra Rose
lunedì 29 maggio 2023
Review Party Dark Wings III - Ali Spezzate - Krisha Skies
Oggi vi parlo di un finale di trilogia col botto, un volume conclusivo di una serie che ho amato sin dagli albori e che mi ha conquistata pagina dopo pagina: sto parlando di Dark Wings III - Ali Spezzate, di Krisha Skies, che ringrazio di cuore per la fiducia, assieme alla casa editrice Horti di Giano, che mi ha fornito le copie digitali in anteprima di tutti e tre i volumi.
Sapete perfettamente l'effetto che i finali di saga hanno su di me, e quanto io mi affezioni ai personaggi delle storie che mi sono piaciute di più, soprattutto se scritte ed argomentate bene.
Il caso di Ali Spezzate è proprio questo, una vicenda narrata in modo talmente avvincente che trascina il lettore in un vortice di emozioni contrastanti.
Non mi dilungherò più di tanto sulle scene di questo terzo ed ultimo volume, anche perché potrei inciampare il qualche spoiler, dunque mi limiterò a dirvi ciò che questa lettura mi ha trasmesso.
L'inizio di questo volume si presenta piuttosto lento, tra l'avvicendarsi della storia tra i due protagonisti e la descrizione dell'attuale situazione che aleggia sulle diverse città.
Il generale Yeratel, capo delle Ali di fuoco, è distante, e quindi i due ragazzi possono vivere il loro amore in modo “libero” , per il contesto che lo permette certo, senza temere che l'uomo metta loro i bastoni tra le ruote.
Ma l'idillio dura poco, ed è proprio quando tornerà il generale che la vicenda inizia a vivacizzarsi, e ad esporre i primi colpi di scena, colpi di scena che, vi avverto, lasceranno il lettore piuttosto basito in alcuni punti, dato che probabilmente gli indizi sui volumi precedenti c'erano sicuramente, ma risulteranno essere solo le briciole di un progetto più grande, che verrà rivelato appunto in questo terzo libro.
Veniamo a scoprire qualcosa di più sulla vita di Azalel, il controverso protagonista maschile, che assieme a Lyan, si nota avere un cambiamento radicale di personalità rispetto agli altri volumi, nonostante rimanga ancora piuttosto incomprensibile a volte, impenetrabile, e apparentemente impassibile, anche se sotto sotto cela una dolcezza e una tenerezza che disarmano.
Vi riuscirà difficoltoso in alcuni momenti capirlo e comprenderlo, così come vi succederà la stessa cosa con Lyan e i suoi colpi di testa, ma di contro non riuscirete a fare a meno di volergli bene, di provare affetto e tenerezza, quasi pena, per lui e il suo passato, che ancora incide nel presente.
venerdì 12 maggio 2023
Recensione "American Serial Killers" - Peter Vronsky
Con libri come Serial Killers, Genesi mostruose e Sons of
Cain, Peter Vronsky si è affermato come il massimo esperto di storia dei serial
killer. In questo primo autorevole saggio sulla “Golden Age” dei serial killer
americani, gli anni in cui il numero di assassini seriali e la conta dei corpi
esplosero, Vronsky racconta le storie degli omicidi più insoliti e importanti
dagli anni ‘50 all’inizio del ventunesimo secolo.
American Serial Killers offre ai veri appassionati di true-crime ciò che più che desiderano, passando dalle storie degli assassini più famosi (Ed Kemper, Jeffrey Dahmer) a quelle dei casi meno noti (Melvin Rees, Harvey Glatman).
Un saggio storico e sociologico avvincente e approfondito. Perfetto per i fan del true-crime dallo stomaco forte.
Torno questo Venerdì con una recensione molto particolare, di un saggio uscito proprio oggi, intitolato American Serial Killers di Peter Vronsky, per Nua edizioni, che ringrazio per la copia digitale in omaggio.
Il paragone viene spontaneo nella lettura di questi due libri, dato che il serial killer donna tende a pianificare per bene i suoi delitti, prendendosi la sua buona dose di tempo per attuarli e poterli mettere in pratica, mentre da ciò che ho potuto appurare dal testo di cui vi parlerò oggi, il serial killer uomo si fa guidare quasi ciecamente dall'istinto, dalla pulsione irrazionale, e quindi agisce in modo molto più fulmineo, meno calcolato, più "bestiale".
American Serial Killers è un vero e proprio excursus negli abissi della mente umana.
È un po' come scendere lungo una scalinata ripida di cui non si vedono gli ultimi gradini, tanta è l'oscurità che la cela ai nostri occhi, e l'unica fonte luminosa è una lampadina mezza rotta sopra la nostra testa, proprio all'inizio di quella scalinata: semmai la luce si spegnesse, piomberemmo nelle tenebre più assolute e nell'angoscia totale.
Ed è proprio questo fattore mancante, assieme ad altri di livello sociale, etnico, etico e morale, nonché fisico e psicologico, a far sì che uno strano meccanismo nel cervello del serial killer scatti come una molla ed inneschi una catena di anomalie irrazionali che sfociano in atti aberranti.
Molto più tardi, invece, si è giunti alla conclusione che il comune essere umano è portato all'assassinio dei suoi simili semplicemente per istinti che si orientano al piano sessuale (per la maggioranza) o perché il loro fisico lo ritiene necessario, perché si tratta di qualcosa di cui nemmeno loro hanno il controllo, e che di conseguenza diviene patologico.
Si nota perfettamente la differenza sostanziale che troviamo agli albori della comparsa dei primi omicidi seriali (a cui non si dava tutta questa importanza perché si credeva fossero casi isolati accaduti in modo fortuito nello stesso paese/zona, apparentemente senza alcun collegamento), in confronto agli anni in cui fanno la loro comparsa FBI, profiler e studiosi di criminologia: c'è un'evoluzione piuttosto corposa dell' omicida, in quanto esso stesso è il soggetto che subisce cambiamenti sociali/psicologici che influenzano il suo modo di uccidere e di scegliere le proprie vittime.
Ve lo dico subito: non è una lettura per tutti.
Mi è capitato più volte, mentre leggevo il modus operandi dei più efferati assassini, di ritrovarmi con lo stomaco vagamente ribaltato, perché non è facile leggere di storie realmente accadute in cui si consumano gli atti più osceni e deviati di cui un essere umano può essere capace, soprattutto se orientati su individui fragili ed inconsapevoli come i bambini.
Vronsky racconta in modo spietatamente dettagliato come alcuni assassini seriali preferissero trattare le loro vittime, facendo particolarmente attenzione ad evidenziare lo stato sociale e psicologico in cui questi uomini versavano, nonché alla firma che caratterizzava il delitto: quasi ogni serial killer aveva ben chiaro nella sua mente quale dovesse essere il dettaglio sulla scena del crimine che facesse dire alla polizia: “Ecco! Questo è proprio lui!".
martedì 2 maggio 2023
Recensione "La voce della quercia" - Andrew Michael Hurley
lunedì 10 aprile 2023
Recensione "Storie di Ordinaria Follia" - Charles Bukowski
TRAMA
La biografia di Bukowski include due tentativi di lavorare
come impiegato, dimissioni dal "posto fisso" a cinquant'anni suonati,
"per non uscire di senno del tutto" e vari divorzi. Questi scarsi
elementi ricorrono con insistenza nella narrativa di Bukowski, più un romanzo a
disordinate puntate che non racconti a sé, dove si alternano e si mischiano a
personaggi ed eventi di fantasia. "Rispetto alla tradizione letteraria
americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto
significativo", ha scritto Beniamino Placido su "La Repubblica",
aggiungendo: "in questa scrittura molto "letteraria",
ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa
nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant'anni,
le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che
soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che
passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei
cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna
sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco. Lui,
Charles Bukowski, "forse un genio, forse un barbone". "Charles
Bukowski, detto gambe d'elefante, il fallito", perché questi racconti sono
sempre, rigorosamente in prima persona. E in presa diretta". Un pazzo
innamorato beffardo, tenero, cinico, i cui racconti scaturiscono da esperienze
dure, pagate tutte di persona, senza comodi alibi sociali e senza falsi pudori.
Ma il caro vecchio Charles è questo, ma anche molto più di
questo, e io non ho potuto non intravedere oltre la coltre di ordinaria
precarietà, una massiccia dose di solitudine.
In Storie di ordinaria follia, ciò che per noi è la totale
perdita di inibizione nei confronti del sesso, del gioco d'azzardo, dell'abuso
di alcool, per Bukowski diviene la quotidianità mescolata alla creatività.
Una sorta di trip in situazioni assurde, quasi paradossali,
che vengono vissute da lui in prima persona, e che sono per lui la realtà di
tutti i giorni, scanditi in modo ordinario, ma totalmente sfociati nella
follia.
Bukowski ha uno stile sporco, diretto, alle volte cinico sì,
ma che nasconde un significato profondo dietro ogni parola, un significato
pregno di sentimento, un sentimento che il vecchio Buk vuole a tutti i costi
proteggere per non apparire vulnerabile, perché, e questo traspare dalle righe
dei vari racconti, la vulnerabilità a volte porta alle fregature.
E lui di fregature ne ha prese davvero tante, di qualsiasi
genere, e il risultato che ne è derivato è la crescente malinconia data
dall'incapacità di trovare anime affini alla sua.
È una nostalgia un po' stronza quella che Charles vuole
trasmettere, nostalgia di tempi andati, dove forse le cose erano un po' migliori,
nostalgia di donne che in qualche modo hanno lasciato un'impronta indelebile
nella sua vita, ma che come tutti sono scomparse alle luci dell'alba come
chimere e miraggi.
Nostalgia e rimpianto del vecchio sé, che non tornerà mai
più, e tuttavia, nonostante tutto, viene evidenziato anche il grande amore per
la scrittura e per tutto ciò che lo ispira.
Storie di gente comune, ai margini, di gente dimenticata,
gettata, persone normali con una vita omologata, strette nei doveri di giornate
che vengono scandite da timbri di cartellini, cene di lavoro, faccende
giornaliere a cui assolvere, monotonie infinite.
Bukowski cela dietro ad uno stile maledettamente poetico una
sorta di fredda tenerezza che affiora nei momenti in cui compare la
figlioletta, una dolcezza sempre trattenuta, ma immensa e forse anche un po'
incompresa.
In queste storie il vecchio Buk, con un mozzicone di
sigaretta tra le dita di una mano e un bicchiere di whisky e ghiaccio sciolto
nell'altra, la macchinetta da scrivere scassata di fronte a sé, ci racconta
com'è vivere nella sua pelle, vestendo un corpo malandato, semi distrutto dallo
spirito alcolico e dalla vita, completamente andato, e ci spiega a parole
proprie come anche da una montagna di letame possa crescere il più bello dei
narcisi. Io personalmente lo amo, lo amo da morire, nonostante il linguaggio
schietto e terra terra, la volgarità cosparsa di stelle e poesia. E poi, siamo
nati lo stesso giorno, sarà mica un segno del destino che sia uno dei miei
autori preferiti?
LA MIA VALUTAZIONE
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